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Una proposta concreta sul lavoro. Da SEL.

La proposta di SEL è scaricabile qui. 
Da Eddyburg un bel pezzo di commento:

Dall’opposizione Sinistra ecologia libertà prova a inserirsi in grande stile nel dibattito sulle prime misure economiche annunciate dal nuovo presidente del consiglio Matteo Renzi. Ieri Giorgio Airaudo ha presentato la proposta di legge per la «istituzione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici denominato «Green New Deal italiano» contro la recessione e la disoccupazione», da attuare tramite l’istituzione di una Agenzia nazionale per gli anni 2014-2016.

Airaudo, presentando la proposta, ha ricordato i dati sconvolgenti pubblicati dall’Istat nell’ottobre 2013, quando i disoccupati erano arrivati a 3.189.000 e ha evidenziato che con queste cifre, anche «se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom, occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare l’occupazione a livelli che si possano considerare fisiologici e non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005, che ha costituito l’anno migliore del nuovo secolo per l’occupazione nei Paesi Ue), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione».

Sel parte da una convinzione che è l’esatto contrario della ricetta neoliberista: «È l’occupazione che genera sviluppo, non il contrario. I dati relativi al tasso di disoccupazione nel nostro Paese mostrano un quadro di assoluta gravità che continua a peggiorare. Si tratta di una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l’enorme crescita di quanti si dicono “scoraggiati”, che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo. La disoccupazione continua a crescere anche nell’ambito del lavoro precario, a riprova del fatto che la scelta di favorire contratti non a tempo indeterminato ha poco o scarso impatto sul problema occupazionale, mentre priva i lavoratori di molti diritti fondamentali».

Airaudo, in una conferenza stampa con Luciano Gallino, vero ispiratore del Green New Deal, ha detto che l’obiettivo della proposta di legge è quello di «creare 1 milione e mezzo di posti di lavoro in tre anni, impegnando circa 17 miliardi, con lo Stato che diventa datore di lavoro di ultima istanza». Si tratta della trasposizione in proposta legislativa di quell’Agenzia per l’occupazione ipotizzata da tempo dal sociologo torinese, che ha descritto più di un anno fa anche sulle pagine di greenreport.it.

Gallino ha dunque sottolineato che «la priorità di questo Paese è il lavoro, che è una cosa molto concreta che richiede risposte precise. Se ci si affida al mercato e agli incentivi è impossibile risolvere il problema della disoccupazione». Per Gennaro Migliore, capogruppo di Sel alla Camera, il Green New Deal italiano sarebbe «uno choc positivo per l’economia che però dovrà avere effetti benefici anche sull’ambiente e non devastarlo. Anche la competitività delle imprese italiane non verrebbe intaccata dall’impegno pubblico. Non si può affidare al mercato quello che il mercato non vuole e non può fare».

Ma dove prendere i soldi? 17 miliardi di euro non sono così pochi, di questi tempi. Airaudo ha però puntualizzato subito che «la copertura dell’investimento triennale dovrebbe venire dall’uso dei fondi della Cassa depositi e prestiti, anche attraverso l’emissione di obbligazioni, e dai Fondi strutturali europei. Con una responsabilizzazione degli enti locali, attraverso l’allentamento del patto di stabilità interno. Ma attenzione, con una clausola sull’occupazione netta: chi vincesse a livello locale questi appalti dovrebbe non aver licenziato nei 24 mesi precedenti e impegnarsi a non licenziare nei 24 mesi successivi». Un punto controverso, questo. Se da una parte si tratta di una strategia per evitare escamotage da parte dei soliti furbi, dall’altra rischia di penalizzare anche quelle imprese che negli ultimi due anni hanno giocoforza dovuto affrontare licenziamenti per poter sopravvivere.