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Quando il libro era un luogo

Una bella riflessione di Marco Belpoliti su lettura tradizionale e lettura digitale:

Noi lettori – tu compreso – siamo diventati dei produttori di contenuti a pieno titolo. Di più: partecipiamo alla “co-creazione del valore”. Henry Jenkins ci ha scritto sopra un libro, Cultura convergente (Apogeo): si chiama “produso” (produzione tramite l’uso) o “wreading (writing + reading). Partiamo dalle tesi di Piper sul libro elettronico. Le elenco: 1) il libro elettronico, a differenza del libro tradizionale, tiene le cose fuori di sé; 2) la lettura digitale è sempre centrifuga; 3)il testo che si espande è diventato il nuovo standard; 4) la pagina digitale non è una finestra ma una porta. Ce ne sono altre, ma mi concentro su queste.

Primo punto: noi non possiamo toccare la sorgente delle lettere sullo schermo (il disco fisso elettromagnetico) senza distruggerla, mentre il libro è tutto lì, tra le nostre mani e possiamo anche stropicciarlo, farci delle “orecchie”; i testi digitali non si possono “sentire”. Secondo punto: nel Settecento i critici dei giornali dicevano: ma perché vi interessa leggere cosa succede in Svezia o in Polonia? Oggi sappiamo che tutto è diventato vicino.

Di più: centrifugo. Meglio: oggi l’esterno è definitivamente dentro. Dentro il nostro computer (il medium che uso ora per scrivere: scritto l’articolo con un clic lo faccio arrivare sul tavolo della redazione e con altri clic andrà in pagina, su carta, e anche on line, dove tu ora lo puoi leggere sul tuo supporto elettronico: niente è fuori, tutto dentro). Dice Piper: la proprietà transitiva domina il mondo. Ha ragione (non è il primo a dirlo: Baudrillard negli anni Ottanta). Terzo punto: è una conseguenza del precedente. Invece di usare la proprietà transitiva (il prefisso inter: internet, interdisciplinare, intermediale, parole obsolete) oggi siamo dentro, e abbracciamo. Dentro, ma espandendoci: leggere è un movimento centrifugo. I testi si estendono a dismisura, non c’è più neppure il libro a contenerli: sono ipertesti. Se navighi nel web, come suppongo, lo sai bene. Quarto punto: la pagina digitale non somiglia a una finestra.

Questo era il vecchio mondo. Il tablet su cui tu puoi leggere queste parole è solo un portone, un portale di passaggio. Lo dice anche Vanni Codeluppi in un recente libro (L’era dello schermo, Franco Angeli). Cita McLuhan e Baudrillard (“Si entra nella propria vita come si entra in uno schermo”). Secondo una ricerca, dice Piper, “più tempo passiamo a leggere su uno schermo, meno tempo passiamo a leggere ogni singola porzione del testo”: lo schermo induce a cogliere l’insieme, non le singole parti che lo compongono.