L’istituto Demoskopika ha effettuato una stima del giro d’affari di una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo, la ‘ndrangheta: la mafia calabrese conta circa 60 mila affiliati e ha quasi 400 cosche ‘drine operative in 30 Paesi nel mondo, generando un fatturato complessivo di 53 miliardi di Euro. Per dare un’idea dell’enormità delle cifre, basta dire che è la somma dei fatturati di due colossi come Deutsche Bank e Mcdonald’s, e corrisponde ben al 3,5% del Prodotto interno lordo del nostro Paese per il 2013.
“Il maggiore introito – emerge dalla ricerca di Demoskopika – è costituito dal traffico di stupefacenti che determinerebbe guadagni per 24,2 miliardi di euro. Un’altra importante fonte di profitto è costituita dall’attività di riciclaggio che ha assicurato alle cosche calabresi un profitto di 19,6 miliardi di euro. Risultano significativi anche i guadagni criminali relativi a estorsioni e usura (2,9 miliardi di euro), agli appalti pubblici (2,4 miliardi di euro), al gioco d’azzardo (1,3 miliardi di euro). Meno rilevanti invece i proventi dal traffico di armi (700 milioni di euro) e di rifiuti illeciti (670 milioni di euro), dalla prostituzione (370 milioni di euro), dalla contraffazione (330 milioni di euro) e dall’immigrazione clandestina (130 milioni di euro), ma si tratta pur sempre di cifre enormi che vanno a incrementare un bilancio più che remunerativo e allettante”.
“La ‘Ndrangheta – dichiara l’economista e autore dello studio di Demoskopika, Raffaele Rio – è percepita come una componente ‘normale’ dal mondo produttivo. Si arriva ad una situazione paradossale per cui l’insieme delle attività vessatorie nei confronti delle aziende, dal racket all’usura, dagli incendi dolosi alle rapine, fino ai meccanismi più sofisticati di infiltrazione nel mercato, sembrano ormai costituire un sottofondo latente, uno scenario inevitabile delle loro attività. In questo quadro la criminalità organizzata calabrese rappresenta un evidente ostacolo che grava pesantemente sullo sviluppo del territorio”.
“Dal punto di vista economico – sottolinea Rio – scoraggia la libera iniziativa, altera il mercato e i meccanismi della concorrenza, crea monopoli basati sull’intimidazione e l’interesse privato; dissemina paura, determina sprechi e inefficienze. Sul versante sociale genera il consenso di pochi e l’acquiescenza di molti che, per quieto vivere, per interesse o per paura, preferiscono far finta di non vedere e perfino sottostare alle richieste dei criminali, piuttosto che denunciare e schierarsi apertamente contro di essi”.
“Queste trasformazioni – conclude l’economista – finiscono per avvicinare alla criminalità organizzata strati sempre più ampi di popolazione che, pur non appartenendo alle famiglie mafiose e non volendo condividere nulla degli affari dei boss, sono in qualche modo condizionati da una presenza che trae la sua forza dalla capacità di esercitare un capillare controllo del territorio”.
Secondo le stime dell’istituto Demoskopika, inoltre, le attività di usura e di racket esercitate dalla ‘ndrangheta nella sola Calabria provocherebbero una mancata crescita di 3,5 punti sulla ricchezza complessiva prodotta dalla Regione, che ammonta a 1,2 miliardi di euro, e ne sarebbero vittime oltre 40 mila commercianti e operatori economici.
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