Vai al contenuto

Su Expo Milano e la Lombardia hanno fallito. Punto.

Ma come è possibile che “l’intelligenza milanese” e i dirigenti “etici” in Lombardia non abbiano voglia di alzare la voce e dire che ogni giorno esce una notizia che impressiona per il deleterio lavoro di Comune di Milano, Provincia di Milano e Regione Lombardia (vi sento già: eh ma Pisapia e tutto il resto) su Expo? Come è possibile che tra le decine di proteste alla moda da fare in qualche piazza (dico: contro Formigoni mancava solo che ci chiudessimo nei cessi del Pirellone) non ci sia posto per una manifestazione di accusa e, se serve (eccome se serve) anche di autoaccusa? Perché quando qualcosa funziona è merito della rivoluzione arancione e quando qualcosa fa acqua da tutte le parti è colpa della Regione? Perché il PD che ha la Presidenza della Commissione Antimafia in Regione Lombardia (e Girelli è persona retta e volenterosa) non ammette il fallimento sul piano della legalità? Perché Ambrosoli non chiede a Pisapia se si poteva fare meglio e di più e ne discutono pubblicamente in una delle cento serate delle cento presentazioni dei cento libri dei cento scrittori milanesi? Perché non si può dire che la promessa di un EXPO senza mafie non è stata mantenuta?

Questo è quello che scrive oggi Repubblica (ma ne scrivono un po’ tutti):

Le falle. Per capire di cosa stiamo parlando basta prendere l’opera al momento più famosa dell’Expo, le cosiddette “Architetture di servizio” per il sito, cioè le fondamenta dei capannoni. Famosa per il costo, 55 milioni di euro, ma soprattutto perché attorno a quel contratto ruota l’indagine di Milano sulla banda di Frigerio. Lo ottiene la Maltauro, ma come? Per l’affidamento Expo sceglie di non bandire una gara europea, aperta a tutti, ma di seguire la procedura ristretta. Partecipano sette aziende e dopo la valutazione della commissione vince un’Ati (Associazione temporanea di imprese) che ha come capofila appunto la Maltauro, l’azienda che è accusata di aver pagato mazzette a Frigerio e Greganti. La procura di Milano accerterà cosa è accaduto e come. Per il momento si può dire che a spalancare la porta alla corruzione è stata proprio la legge, permettendo la procedura abbreviata. “Come in molti altri casi per l’Expo  –  scrive il Garante nel suo dossier  –  si è seguito il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. A individuare quale sia, deve essere una commissione di 3 o 5 membri, “imparziale e altamente qualificata”. Ma, ed ecco l’anomalia, nell’offerta della Maltauro hanno avuto più peso gli elementi qualitativi “per loro natura soggettivi”, quali l’estetica e il pregio, rispetto al prezzo e ai tempi di esecuzione, “che sono invece dati oggettivi”. Il punteggio qualitativo era 65 punti, quello quantitativo 35 punti. In sintesi, basta avere dei commissari amici e il gioco è fatto. “Ne abbiamo due su tre”, si compiacevano Frigerio e Greganti, al telefono. E lo stesso Maltauro, interrogato dopo l’arresto, ha confermato il sistema.

L’urgenza che non c’è. Ma a impressionare l’Authority è l'”emergenza perenne” che tutto giustifica. Perché, per esempio, viene affidato “in deroga” a Fiera di Milano spa l’allestimento, la scenografia e l’assistenza tecnica (2,9 milioni)? “Non si ravvisano evidenti motivi di urgenza  –  annota Santoro  –  per un appalto assegnato il 28 novembre scorso, un anno e mezzo prima della data del termine dei lavori”. Ancora: con procedura “ristretta semplificata” sono stati dati i 2,3 milioni per il servizio di vigilanza armata a un’Ati (la mandataria è la Allsystem Spa), nonostante quella modalità “è consentita solo per contratti che non superino il milione e mezzo di euro”. Sforamenti simili, ma di entità inferiore, sono avvenuti con l'”affidamento diretto”, utilizzato 6 volte. “Il tetto massimo ammissibile è 40mila euro”, segnala Santoro, ma nella lista figurano i 70mila a un professionista per lo sviluppo del concept del Padiglione 0 e i 65mila per servizi informatici specialistici.

Ben 72 appalti sono stati consegnati “senza previa pubblicazione del bando”, tra cui figurano il mezzo milione a Publitalia per la fornitura di spazi pubblicitari e i 78mila euro per 13 quadricicli alla Ducati energia, impresa della famiglia del ministro dello Sviluppo Federica Guidi. A Fiera Milano congressi  –  il cui amministratore delegato era Maurizio Lupi fino al maggio scorso, quando si è autosospeso  –  viene invece affidata l’organizzazione di un meeting internazionale dal valore di 881mila euro. Anche in questo caso Expo decide di seguire la via della deroga, appoggiandosi a una delle quattro ordinanze della presidenza del Consiglio (il dpcm del 6 maggio 2013). Lo fa in maniera quantomeno maldestra, perché nel giustificativo pubblicato sul sito ufficiale “si rileva un riferimento al comma 9 dell’articolo 4 che risulta inesistente”. Un refuso.