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L’acqua alta di Matteo

Appena il sindaco di Venezia ha dichiarato di essere stato “invitato” a incassare tangenti perché così facevano tutti e si faceva da tempo e perché così voleva il Partito Democratico la questione politica veneziana è stata “chiusa”, Orsoni si è dimesso, ha patteggiato e poi si è dichiarato innocente e subito il problema è diventato individuareil prossimo candidato. Fine. Stop.
La questione morale per la politica italiana (e purtroppo anche in questi tempi di Renzi) è diventata una ginnastica alla momentanea additazione del colpevole e conseguente scaricamento giù per il buco tirando l’acqua senza nemmeno spendere il tempo di individuare l’eventuale errore politico e la responsabilità di partito: Orsoni è il mostro, Orsoni è il ladro, ciò che dice è falso e tutti sono immuni ad Orsoni. Passa anche Fassino che ha giurato sull’integrità del sindaco veneziano e ora tace sul patteggiamento, passa il silenzio sui dirigenti democratici del veneto che si prendono il lusso di non rispondere alle accuse e l’argomento del giorno diventa Mineo e i senatori dissidenti che non si possono permettere di porre nessun veto sulle riforme.
Eppure un uomo così attento alla comunicazione come Renzi non può essere così stupido da pensare che la nomina di Raffaele Cantone e l’atteso decreto anticorruzione possano bastare per chiudere un tema che è scottante per il Paese (sì, certo) ma anche per questo PD che sembra già così lontano da quel 40%: da Renzi che dichiara (e twitta) su tutto ci si aspetterebbe una visione completa e complessa di ciò che accade a Venezia con la stessa furia rottamatrice con cui ci ha dipinto i Letta e i D’Alema e una scoppiettante intuizione su corruzione, mafie e l’atteso Comitato per la protezione dei testimoni di giustizia. Invece no, niente e ad ora nemmeno Dell’Utri è riuscito a dare un’ispirazione: così viene il dubbio che il riformismo e il nuovismo spinto valga solo se combacia in una direzione, la sua.