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La scomunica del Papa e le Confraternite

Per indole non credo ai moniti, per di più papali. Non credo, in generale, alle affermazioni con voce grossa di chi ha gli strumenti per intervenire: solidarizzo con i lamenti antimafiosi degli esclusi, degli oppressi o delle vittime ma chiedo a tutti gli altri di disegnare un cambiamento. Sono uno scassaminchia, lo so, per natura.
Quando il Papa dichiara “scomunicati” i mafiosi posso certamente applaudire per un secondo alla buona intenzione (di un costruttore seriale di buone intenzioni, del resto, per professione) ma mi aspetto subito dopo un decreto attuativo che mi spieghi come cambierà l’ordinamento religioso per evitare l’accesso alla Chiesa degli uomini di mafia. E invece niente. Per ora, siamo al monito e agli applausi. Trovo normale che una Chiesa che voglia fare sul serio non possa avere nulla a che fare con la criminalità di ogni genere, e quindi anche quella organizzata, e troverei normale che oggi un nuovo corso papale chiedesse scusa per le innumerevoli volte che gli uomini di chiesa si sono resi disponibili (se non affiliati) al boss di turno, IOR incluso.
L’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi ha deciso di trovare una strada per l’attuazione delle parole di Bergoglio emettendo un decreto in cui obbliga tutte le confraternite della sua Arcidiocesi ad inserire nel proprio statuto la norma per cui non possono accettare affiliazioni di appartenenti ad associazioni mafiose. Quando ho letto la notizia questa mattina ho pensato che allora il mio dubbio non fosse così infondato e che forse e per fortuna in questo benedetto paese, piano piano, si costruiscono vaccini.