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Un’intervista a Linkiesta (e qualche giorno fa parlavo appunto di parroci)

La mia intervista del 25 giugno:

Giulio-Cavalli-breaking1-470x157Giulio Cavalli, l’impavido giullare che sbeffeggia la mafia

L’antimafia è una cosa seria, per questo Giulio Cavalli, attore, scrittore, regista e politico, ha scelto di praticarla ricorrendo all’ironia. Attraverso una recitazione che lascia spazio ai sorrisi, il giovane paladino racconta quello che in molti non hanno il coraggio di dire utilizzando una buona dose di sarcasmo per schernire i potenti e i prepotenti. Con la consapevolezza di chi sa fare informazione e riesce a provocare il suo pubblico, domenica 22 giugno, Giulio Cavalli ha portato in scena anche a Lecce lo spettacolo “Nomi, cognomi e infami” in occasione della manifestazione “Lecce Bene Comune” che ha visto susseguirsi una serie di personaggi illustri impegnati in vari fronti.

Ricordando coloro che hanno affrontato a viso aperto la criminalità organizzata e soffermandosi su quelle figure politiche corrotte, l’attore descrive ciò che ruota dentro e intorno l’universo mafioso impiegando tecniche teatrali come interessanti giochi onomatopeici che supportati da ritmi e varie sonorità vocali, contribuiscono a catturare l’attenzione degli spettatori.

Ogni rappresentazione, frutto di un meticoloso lavoro d’inchiesta molto simile a quella che compie il giornalista, richiede impegno, ma soprattutto lealtà. Un’onestà che Giulio Cavalli sta pagando a caro prezzo. Da quando nel 2009 ha messo in scena il suo primo spettacolo “Do ut des” ha ricevuto una serie di minacce e intimidazioni tali da richiedere il supporto di una scorta.

Accompagnato dai poliziotti, Giulio ha raggiunto Lecce dove prima di andare in scena ha gentilmente risposto alle nostre domande:

L’arte teatrale e l’ironia sono alcuni degli strumenti che utilizzi nella tua lotta alla mafia. Una battaglia che si è rivelata fatale per la tua incolumità tanto da dover essere affiancato da una scorta. Malgrado le minacce e le intimidazioni hai però continuato a denunciare le ingiustizie criminali e allora vorrei chiederti se è stata la paura a generare il coraggio oppure è la voglia di riscatto per sé stessi e per un’intera società a consentirti di andare avanti nonostante tutto?

È proprio attraverso l’ironia e l’arte teatrale che chiediamo di non aver paura. Non dobbiamo e non possiamo avere paura. Chi come me propone un’arte ardita percepisce più di tutto la mancanza di solidarietà da parte dei colleghi. Bisogna continuare però con determinazione. 

Hai mai pensato di mettere in scena uno spettacolo ispirato agli atteggiamenti che assumono i mafiosi quando sono sorvegliati e devono comunicare qualcosa ricorrendo a una sorta di codice gestuale?

Il primo spettacolo portato in scena si soffermava su quei riti mafiosi che in qualche modo richiamano quella gestualità a cui hai fatto riferimento nella domanda. Bisogna non cadere nel rischio di enfatizzare questi personaggi, arricchendoli di fascino come accade nelle fiction. È importante non diventare artefici della fascinazione negativa. Dal punto di vista teatrale mi interessa raccontare quanto i boss siano simili a noi, l’empatia di un particolare boss si utilizza per distruggerlo altrimenti di rischia di innalzarlo ad eroe. 

Oggi, in Calabria, papa Bergoglio ha lanciato un monito contro i mafiosi che tanto ricorda l’anatema di Giovanni Paolo II pronunciato 21 anni fa in Sicilia, nella Valle dei Templi. Quale Dio credi salverà gli uomini di mafia?

Il Dio della Costituzione dello Stato. Quanto sta facendo papa Francesco è sicuramente importante ma spetta ai parroci di paesi e città rifiutarsi di celebrare messe nelle cappelle private dei boss o di dare la comunione agli affiliati. È opportuno agire altrimenti non cambierà nulla.

 Tratto da   http://www.salentoreport.it/intervista-a-giulio-cavalli-limpavido-giulla…