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Marcello Dell’Utri il “coglionazzo”

Berlu-cappellone-800-800x540-680x365Prosegue nell’aula bunker l’interrogatorio di Angelo Siino:

Ha mai conosciuto Aldo Ercolano?
Si, era figlio del cognato di Santapaola, lo conoscevo nell’ambito della zona industriale di Catania. Eravamo abbastanza confidenti tra noi così come con altri personaggi della mafia catanese.
Lei ha conosciuto Salvo Andò?
No, me ne parlò l’Ercolano quando mi disse che era venuto nella zona industriale a raccomandare la questione socialista che era in atto allora: la questione dei voti che dovevano andare ai socialisti (votazioni ’87), era già successo in una votazione precedente. Si doveva votare per un personaggio che non contava, Tony Barba, ma era un segnale da dare ai politici per dire noi votiamo socialisti. Si trattava di elezioni regionali.
Lei ha mai sentito parlare da Ercolano o da altri di un progetto di uccidere Salvo Andò?
Non ricordo bene, poi l’Ercolano mi aveva detto che suo padre che allora reggeva il mandamento di Catania che era contrario a fare iniziative contro Andò.
Il pm gli contesta una sua dichiarazione del 24 novembre 1999 al processo di appello Capaci. In quella occasione Siino diceva che Ercolano gli aveva detto che Andò prima si era preso i voti e poi si diceva che era amico del dott. Falcone e quindi doveva essere eliminato.
Si ricordo, la mia esitazione era che i due periodi erano diversi. Di questo progetto se ne parlava dopo l’uccisione di Falcone, Salvo Andò si professava amico di Falcone ed era molto critico nei confronti dell’omicidio perpetrato a Capaci. In quella occasione Ercolano diceva che si doveva ammazzarlo così come Martelli perché si erano fottuti i voti e poi tiravano i calci come gli asini.
Da chi ebbe queste informazioni?
Io ero codetenuto con Francesco Mangion vice rappresentante della famiglia di Catania che, riferendosi a Ercolano mi diceva: ma questo manco lo conosce Salvo Andò, che va dicendo? Sono tutte fesserie. Io lo ascoltavo senza interesse.
Lima con lei ebbe mai a commentare l’incarico a ministero della Giustizia che Martelli conferì a Falcone.
Me lo commentò in parecchie circostanze, quando io mi lamentavo dei detenuti liberati e poi subito riarrestati lui mi diceva: ma tu hai capito quello che hanno combinato gli amici tuoi? Vedi quello che sta succedendo, pensavate che ‘u preside, che era Andreotti, non lo capiva questa situazione? Si sarebbe vendicato… quel cane rognoso, così chiamava Falcone, ora è diventato primo dirigente del ministero della giustizia.
Lima le esplicitò a quale situazione si riferisse?
Si era la questione del decreto che aveva riportato i miei amici mafiosi in galera, quelli che avevano creato l’accordo con Martelli per farlo votare.
Nino chiede con riferimento alla strage di via D’Amelio, lei nel periodo successivo ebbe a commentare o ascoltare commenti da esponenti di uomini di Cosa Nostra.
Si, avvenne in più occasioni, furono soprattutto Pippo Calò e Bernardo Brusca a lamentarsi dicendo chi fu quella bella mente che gli venne in mente di fare questa cosa? Io non sapevo nulla. Sia Brusca che il Calò si lamentavano che loro non avevano saputo niente ed era stato il personaggio che si era preso questa responsabilità. Io dicevo: non lo so non sono alla mia altezza, non so chi possa avere dato questo input.
Brusca e Calò si lamentavano di qualcosa in particolare?
Si non capivano chi e perché aveva deciso una cosa del genere.  Ho avuto modo di parlarne a Termini Imerese, lì ho incontrato Brusca, Calò e Montalto che mi dissero che non sapevano chi fosse stato il personaggio che aveva deciso di uccidere Borsellino, c’erano dei problemi che avevano portato all’accelerazione dell’uccisione di Borsellino. Confermo questa mia dichiarazione, c’era un sacco di gente che diceva che le cose dopo l’uccisione di Falcone si erano quietate e quindi perché avevano fatto quest’altra cosa che aveva portato al 41bis a tante persone? Questo me lo aveva detto Bernardo Brusca e Pippo Calò.
Ci furono altri commenti?
Non ricordo.
Lei ha conosciuto Marcello Dell’Utri?
Si l’ho conosciuto per una circostanza casuale, i fratelli Dell’Utri erano 3, uno di questi era compagno mio di scuola media, gli altri due erano liceali. Erano delle persone che sapevano giocare bene a calcio. Ho avuto modo di conoscerli. Con il fratello piccolo, che poi morì, ero compagno di scuola e avevo più confidenza.
Lei ha mai incontrato a Milano Marcello Dell’Utri?
Si una volta che andai a Milano usciva da un edificio di costruzione del periodo fascista insieme ad altri personaggi che sapevo essere residenti a Milano, o vicini o membri di Cosa Nostra. Io ero andato a Milano e successivamente in Svizzera con Stefano Bontate, siamo nel periodo antecedente agli anni’80, nel periodo in cui c’era Sindona a Palermo.
Quando vide scendere Marcello Dell’Utri riesce a indicare quella scena?
La scena la potrei dipingere, ma non ricordo con chi era, mi pare con personaggi di Cosa Nostra palermitana ma non ricordo chi fossero.
Lei il 15 settembre del ’97 ha riferito: in genere io attendevo in macchina il Bontade, vidi scendere il Bontate, un fratello Martello, forse Alessandro, Mimmo Teresi e uno dei fratelli Dell’Utri che mi fu presentato come Marcello.
Confermo.
Lei ha mai saputo se Marcello Dell’Utri avesse avuto rapporti finanziari con Vito Ciancimino?
Si c’è stato un momento che l’hanno avuti ma Ciancimino lo definiva un coglionazzo, mi venne detto anche da Stefano Bontate. Io dicevo: questo si è comprato la Venchi Unica, poi la Bresciana costruzioni, aveva fatto degli affari con Vito Ciancimino che era legato a un personaggio di Villabate, un consigliere comunale di Palermo della sua corrente. Questo me lo disse Vito Ciancimino e si riferiva ad affari avuti precedentemente a quel momento (fine anni ’70) li aveva avuto nella prima metà degli anni ’70. Anche Stefano Bontate mi parlò di questi rapporti tra Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri. Eravamo in una via famosa di Milano.
Lei nel verbale del ’97 disse: Stefano Bontate mi aveva detto di affari tra Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri nell’edilizia.
Si, la Bresciana costruzioni.
Lei quando era detenuto in relazione alle elezioni del 1994 ha avuto modo di parlare con mafiosi di rango così da avere notizie sulle indicazioni di Cosa Nostra?
Ho avuto modo di avere parecchi contatti all’interno del carcere di Termini Imerese, quando usciva il primo turno d’ora d’aria passava dalle celle e io ero soddisfatto perché tutti gli uomini di alto rango di Cosa Nostra passavano da me per avere consigli da me su questioni politiche ed altro. Io ero stato presentato da un certo Guarneri di Canicattì come uomo d’onore. In quelle occasioni mi venivano chieste indicazioni o mi dicevano quello che dovevano fare. Avevano detto a mia moglie che io dovevo far votare Forza Italia. Io avevo cercato di sminuire la cosa perché non volevo che mia moglie si occupasse di quella cosa. Io sempre con i limiti del 41bis ho avuto modo di sentire altre persone e di fare rinioni e quindi dissi a tutti che si doveva votare per Forza Italia. Anche all’aula bunker di Caltanissetta all’udienza preliminare Leopardo con Piddu Madonia mi disse: Angelo per chi dobbiamo votare? Io dissi forte Forza Italia, ma anche per Violante, per sviare l’attenzione.

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