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Caro Giulio

Caro Giulio,
te lo giuro che ci ho provato cento volte a scriverlo e riscriverlo questo pezzo. Mangiato, sputato e rimangiato come non si dovrebbe fare per il rispetto per le storie che nei documenti bollati si scrivono con le maiuscole. Ho provato a metterci il rigore e tutto l’impettimento degli studiosi scientifici ma mi sembrava di martellare un palazzo bello ma abusivo, costruito sulla spiaggia, anche se con l’aria da ingegnere. Ho provato a scriverlo e ripetermelo in testa con l’eco di muro e legno dei tribunali ma qui il cuore della storia sta tutto nella giustezza più che nella giustizia.
Una mattina mi ci sono messo di piglio, con tutte le carte e i trucchi da camerino, raccogliendo gli avanzi di scenografie che avevo sparso in giro, e mi sono detto che magari con quattro parrucche e del rossetto pesante saremmo riusciti tutti a digerirla, questa storia. Sbagliato.
Caro Giulio, l’unico inizio vero è che questa storia accende la nausea: nausea nera, nausea pelosa, nausea incurabile. Una storia che galleggia tutta nei fondi che non si riescono a sciacquare, una storia che spia dalla serratura cinquant’anni di istituzioni che si baciano di nascosto nei cessi, una storia che sta nelle risalite a pelo d’acqua per prendere fiato e più in basso è tutta acqua al buio, una storia che non rimane in piedi senza livore e senza la sua nausea.
Caro Giulio, confesso che ci è uscito un libro maleducato e rissoso. Di quella maleducazione indignata che batte sulle vene in testa e che si vorrebbe in prescrizione. E non vale né pentirsi né dissociarsi. Ci sono palcoscenici che vanno usati e palcoscenici che vanno osati: non cerchiamo l’equilibrio educato da teatro stabile dentro questo girotondo di onorevoli venerabili e di bugie liriche. Caro Giulio, questo libro è stato martellato tutto storto, con dentro i fatti desunti e i nomi rivoltabili come un Molière senza boccoli e sorrisi. Ma indignato. Indignato sì. E ci avessimo messo il papillon all’indignazione forse sarebbe stato meglio ma non ci avrebbe creduto quasi nessuno. Un libro scritto, detto, e dispiaciuto. Con la nausea come odore di introduzione.

(dal libro L’INNOCENZA DI GIULIO, Andreotti e la mafia in offerta qui nella nostra piccola libreria)