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Il bullo di Firenze

La cronaca della folle e indecente serata di ieri al Parlamento scritta dal deputato Giulio Marcon:

matteo-renzi-Giovedì 12 febbraio nella notte, dopo l’aggressione di alcuni deputati del Pd ai deputati di Sel (era in corso la seduta-fiume sulle riforme costituzionali), è comparso alla Camera il premier Matteo Renzi. Ci si aspettava che intervenisse per rasserenare gli animi o per rispondere nel merito posto dalle critiche dell’opposizione, ma è rimasto silente tutto il tempo. A parole.

Ma con i comportamenti e i gesti ha comunicato tutto il tempo. Ha preso scherzosamente a microfonate il ministro Delrio, ha chiacchierato con la Boschi, ha guardato ostentatamente con sorrisi di scherno e con fare di sfida alcuni deputati dell’opposizione, ha continuato a darsi il cinque con il suo “cerchio magico”, da Carbone a Bonifazi, si è aggirato tra i banchi dei deputati diffondendo buffetti e battute. Fregandosene del dibattito in corso e non rispondendo agli inviti ad intervenire per chiarire gli aspetti controversi della riforma costituzionale ha fatto dell’altro.

Con un atteggiamento che a Napoli, chiamerebbero da guappo, a Roma da coatto e a Firenze da bullo. Un atteggiamento provocatorio. Un paio di volte si è fatto portare dagli uffici della presidenza il foglio con i tempi (pochi) rimasti a disposizione dell’opposizione per intervenire in aula, rimirandoli soddisfatto. Era interessato a sapere quando si chiuderà la riforma della Costituzione-trattata come un decreto-legge- non a confrontarsi con il Parlamento.

Renzi si è laureato con una tesi su Giorgio La Pira, uomo sobrio, misurato, dialogante, capace di stabilire ponti, sincero e leale. Non si capisce cosa abbia imparato Renzi, scrivendo quella tesi. Il premier ha dichiarato un paio di giorni fa: “Se vogliono lo scontro, lo avranno“. La Pira avrebbe detto al contrario: “Se vogliono il dialogo, lo avranno”.

Ma La Pira era un profeta e un uomo di dialogo. Renzi è un capo-tifoseria e un uomo di rottura.