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In nome della scuola privata citano Gramsci a casaccio

scuole-privateQuarantaquattro tra deputati e senatori dei gruppi del Pd (trentadue), di Area popolare (cinque), di Per l’Italia-Cd (cinque), di Scelta civica (uno) e di Lega Nord e autonomie (uno) scrivono una lunga lettera a Matteo Renzi, oggi sulle pagine di Avvenire, perché nel «Piano per la buona scuola» che il governo si appresta a portare in Parlamento vi siano misure di sostegno economico alla scuola privata, rammentandogli che fanno parte della maggioranza che sostiene il governo e producendo gli argomenti, i soliti, che fin qui sono bastati ad eludere l’art. 33 della Costituzione, laddove esso recita che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, [ma] senza oneri per lo Stato».
Non c’è dubbio che analoga iniziativa sarà presa anche da un nutrito numero di parlamentari del centrodestra, e che gli argomenti saranno identici, non escluso quello usato ogni volta che al governo c’è una coalizione almeno nominalmente di centrosinistra, e che torna anche in questa lettera, preso di peso da un articolo di Antonio Gramsci, pubblicato su Il Grido del Popolo il 14 settembre 1918, come ad ingiungere di onorare la fedeltà ad una prestigiosa tradizione culturale e politica: «Noi socialisti – scriveva Antonio Gramsci – dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola [è possibile solo se la scuola] è indipendente dal controllo dello Stato» (tra parentesi quanto è tagliato nella lettera pubblicata su Avvenire).
Orbene, occorre far presente che di denaro pubblico in favore di questa libertà non v’è traccia, né in questo passaggio, né nel resto dell’articolo. Anzi, a dire il vero, quanto precede il brano citato dagli appellanti chiarisce il contesto dal quale è estrapolata l’affermazione di Antonio Gramsci, dandole il suo corretto significato: «Ferve nei giornali e nelle riviste cattoliche la discussione sulla scuola libera. I cattolici propugnano l’abolizione del monopolio di stato sulla scuola, perché sperano che il monopolio passi nelle loro mani. Noi crediamo che i cattolici sbaglino nel fare i conti: è vero che i preti, in quanto godono di uno stipendio e hanno tutta la giornata libera, si troverebbero in condizione di partenza privilegiata nel gioco della concorrenza. Ma appunto il pericolo di un assorbimento dell’attività scolastica da parte dei cattolici metterebbe automaticamente in discussione il problema del fondo culti e porterebbe all’abolizione di questo istituto feudale».
Niente denaro pubblico alle scuole private, dunque, ma addirittura necessità di mettere in discussione l’erogazione dei fondi che per altre ragioni lo stato concede al clero, ad evitare che tale privilegio lo possa avvantaggiare in una concorrenza che altrimenti sarebbe sleale. E tuttavia è probabile che Matteo Renzi accoglierà gli argomenti degli appellanti e tra tutti troverà che quello più forte, almeno sul piano della comunicazione ai gonzi di cui si parlava nel post qui sotto, sia proprio quello di Antonio Gramsci, dai firmatari della lettera usato in modo mistificatorio, ma da Matteo Renzi riusato per mera ignoranza. A stento avrà letto il Manuale delle Giovani Marmotte, figuriamoci gli scritti di Antonio Gramsci.
(grazie a Malvino: fonte)