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Che splendore il coraggio di essere buoni (e gentili)

10903292_582351018575768_1196153856_nQuando ne avevo scritto ieri (qui) era già qualche giorno che pensavo a com’è triste un Paese che trova fuori moda essere buoni e, giustamente mi hanno fatto notare, anche essere gentili. L’esplosione di risposte nei commenti e che mi sono arrivate via mail conferma comunque che ci vuole coraggio oggi ad essere buoni perché significa essere controcorrente. E questa corrente (quindi cattiva) noi l’abbiamo lasciata scavare per anni senza nemmeno accorgerci che si ingrossava ogni anno di più, ad ogni alzata di tono dei politici, ad ogni sparata di pseudointelletuali e dopo ogni risultato di pubblico per la rivisitazione (culturalmente pericolosissima) di eroi negativi, sì, ma meravigliosamente negativi. E come mi scriveva qualcuno di voi non stupisce vedere quanto alcuni temi (come l’immigrazione ma non solo) risultino comodi a chi piuttosto che preoccuparsi della propria inumanità si è impegnato a scovare una buona scusa che ovviamente gli è stata servita su un vassoio d’argento da politici avvoltoi.

Eppure la forza delle persone buone (che come giustamente mi hanno  segnalato vengono scambiate per “sprovvedute”) è la vera rivoluzione culturale e politica (nel senso più ampio) che potrebbe segnare un significativo cambio di passo per questo Paese.

Ma come hanno seminato il culto della cattiveria? Certamente lavorandoci ai fianchi per renderci il più possibile acritici e quindi malleabili (e la scuola, la scuola, la scuola ha un ruolo fondamentale in questo percorso); inoltre una qualità che sempre più spesso è valutata solo sui risultati (e quindi quantità e qualità diventano solo confuse sorelle omozigoti) ha trasformato la meritocrazia in “quanticrazia”, in produttività a tutti i costi: è stato quindi facile incensare gli eticamente “spericolati” e duri che spremono risultati migliori.

E hanno ragione quelli che mi scrivono che oggi alla fine buono è un sinonimo di buonista. Anzi: difficilmente si scrive dell’essere buono quanto piuttosto ci si accusa di “fare” i buoni. Essere buoni non è un opzione praticabile. E l’argomento secondo me è ricco, ricchissimo e per questo vi sto leggendo tutti e ad uno ad uno sto rispondendo alle vostre mail. Potete rispondere nei commenti o scrivendomi qui.

Chissà che non ne venga fuori qualcosa. Credo proprio di sì.

PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.