La storia è uscita nei giorni scorsi, qualche quotidiano ne ha scritto ma è rimasta comunque sotto traccia. Una storia in cui la delicatezza e l’umanità ci chiedono di non fare nomi e nemmeno luoghi ma che anche scritta senza troppe indicazioni è dolorosa come una manciata di sale sul cuore: un bambino di nove anni, figlio di un magistrato antimafia, si ritrova sotto scorta insieme alla madre e alla sorella. L’obiettivo è lui: il bimbo. Il figlio maschio di un magistrato di cui (secondo le parole intercettate dal boss) “non deve rimanere nemmeno il seme”.
Provate a spiegare ad un bambino in compagnia del suo gelato blindato che la mafia non è un’emergenza prioritaria di questo Paese. Ai professionisti dell’antiantimafia consiglio di provare a convincere lui.