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Solo un’intervista

La mia intervista rilasciata per gli amici di Tivoli Liberatutti:

11265401_875148892556424_1075474428854141994_ndi Davide Fabi 

Attore, politico, cantastorie, scrittore, attivista in prima linea contro la mafia e tanto altro.
Ma forse meglio di lui nessuno può presentarlo: “Io sono di sinistra. Della sinistra che sta nell’idea che preserva il suolo, l’ambiente, l’acqua e l’aria come bene comune. Che crede nell’impegno dell’uguaglianza: uguaglianza di possibilità, uguaglianza sociale e uguaglianza nei diritti e nei doveri. Della sinistra che trova inaccettabile questo paese come laboratorio del totalitarismo moderno. Che crede nel valore della laicità e vigila sulla libera professione delle fedi, che coltiva la ricchezza delle differenze, che pretende dignità nel lavoro, che crede nelle leggi come opportunità di convivenza e di tutela, che condanna lo sfruttamento e il mercimonio e che ha una storia di persone e di valori. Così, tanto per chiarire.”

Ci ha risposto a qualche domanda.

 

Iniziamo dall’EXPO. L’evento è iniziato da pochi giorni ed è già tempo di bilanci. 

14 Miliardi di euro. 

Il 5,4 % di quanto viene speso in un anno per le pensioni italiane. 

3,2 Miliardi di euro solo per la costruzione dei padiglioni. 

Il Padiglione ITALIA doveva costare 63 milioni di euro, ora ne costerà 92.”

Questi sono alcuni dati dell’EXPO. Ma s’è l’è giocata veramente così male l’Italia l’organizzazione di quest’evento?

Ci sono, secondo me, due considerazioni importanti: l’esborso economico, in primis, non mi pare in linea con la situazione economica italiana (ma diciamo pure europea) e ovviamente la politica “fa politica” nel momento in cui decide come destinare i soldi. Credo che il problema sia come quei soldi avrebbero potuto essere utilizzati altrimenti per cogliere nel pieno lo spirito dell’evento che fin dall’inizio dichiaratamente era di proporre un modo etico e nuovo per nutrire il pianeta. Certo è che solo alla conclusione di Expo si potranno tirare le somme, considerando non solo le “entrate economiche” ma anche e soprattutto se davvero si sarà riusciti a formulare una nuova cultura del cibo. E su questo mi arrogo il diritto di essere pessimista.

Poi c’è la sfida internazionale di riuscire a raccontare un’Italia che riesce ad affrontare un grande evento senza incappare in mafia e corruzione. Ebbene, nonostante l’impegno di Cantone e le promesse dei vari amministratori a tutti i livelli mi sembra che si possa serenamente dichiararsi sconfitti. Senza elencare gli innumerevoli micro casi basti pensare che tra gli indagati (con evidenti prove a carico) c’è il collaboratore più stretto di Giuseppe Sala. Può bastare?

Lotta alla criminalità organizzata. “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” queste parole sono di Giovanni Falcone, di cui pochi giorni fa è stato l’anniversario della morte. E’ vivo il tuo impegno contro le mafie, non solo quelle che operano nei ben noti territori del Meridione ma anche quelle che si spostano al Nord Italia passando per Roma, e si confondono dietro appalti truccati e infinite colate di cemento. Quanto è grave il problema delle mafie nelle zone in cui si crede non sia presente?

Al nord si è riusciti nella disdicevole impresa di convincerci che mafie e corruzione siano due fenomeni distinti e quindi ha avuto gioco facile chi si è appoggiato alla retorica della coppola e della lupara per negare l’esistenza del fenomeno. La pervasività delle mafie è larga ovunque lo Stato perda sul campo dei servizi e delle rassicurazioni sul futuro rispetto alla criminalità organizzata: credo che su questo versante il nostro Paese sia abbastanza unito. Ora, dopo la fase della presa di coscienza, mi auguro che si passi all’analisi e alla costruzione di chiavi di lettura collettive: questo è compito anche della scuola, della politica oltre agli operatori culturali.

Il Teatro. Hai fondato nel 2001 la “Bottega dei Mestieri Teatrali”, dalla tua biografia (https://www.giuliocavalli.net/chi-sono/) ti dipingi come un cantastorie, cosa ti ha spinto a raccontare a teatro tanti avvenimenti della storia italiana recente?

Forse per una mia stortura credo che la contemporaneità sia un dovere morale per chi ha il privilegio di fare il mio mestiere. Farsi ascoltare è cosa talmente rara che non si può sprecare raccontando storie che non siano utili per leggere meglio il presente.

Le storie/1. Tra i tanti temi trattati, hai portato a teatro la tragica storia di Carlo Giuliani e di quel luglio genovese. Il 7 aprile 2015, in merito ai fatti della scuola Diaz, i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno condannato all’unanimità lo Stato Italiano per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”) ritenendo che l’operato della Polizia di Stato “deve essere qualificato come tortura. Che ricordo hai di quei giorni caldissimi?

La mia esperienza con le forze dell’ordine deriva da un angolo di osservazione piuttosto atipico: sono sempre stato “vicino” a molti movimenti di protesta (per un mio vecchio vizio di prendere posizione, parteggiare appunto) e allo stesso tempo ho un rapporto quotidiano con le forze dell’ordine che mi proteggono. Io credo che in un Paese democratico le critiche agli abusi e alle prepotenze (soprattutto se perpetrate da forze pubbliche) siano l’unico reale rispetto che si possa avere. Quindi non sopporto i “difensori” per postura e allo stesso modo i “colpevolisti” per pregiudizio.

In questa posizione dico che Genova (parlo della Diaz e di Bolzaneto) è stato uno dei momenti più bassi di democrazia. Anzi, concordo in pieno nella definizione di “sospensione della democrazia” ed evidentemente, come succede spesso in Italia, hanno pagato solo i pesci più piccoli. In quei giorni (come avviene ancora oggi) la criminalizzazione dei manifestanti sparata a cannonate dai principali network televisivi ed editoriali è riuscita nell’impresa di nascondere le reposnabilità e addirittura i fatti.

Le storie/2. È in corso un progetto di autofinanziamento per il tuo prossimo spettacolo “L’amico degli Eroi” (https://www.produzionidalbasso.com/pdb_3875.html). Lo spettacolo, scritto diretto ed interpretato da te e con le musiche di Cisco Bellotti, è “liberamente ispirato alla vita di Marcello Dell’Utri”. 

Come sta andando la raccolta fondi? Cosa puoi dirci di più sullo spettacolo?
Quanto influirà ancora questo modo di intendere la Politica? Per quanto ancora pagheremo lo scotto di aver permesso e concesso a questi personaggi di avere il potere?

Dopo aver lavorato su Giulio Andreotti (con un libro e con uno spettacolo) era inevitabile scivolare sull’andreottismo moderno portato avanti da Marcello Dell’Utri nella sua doppia veste di servitore imprenditoriale e servitore politico. Ricordo che Gian Carlo Caselli, eravamo ancora all’inizio della stesura de “L’innocenza di Giulio”, predì che il passo successivo avrebbe dovuto essere uno studio su Dell’Utri. Io non temo tanto Andreotti o Dell’Utri, sia chiaro, quanto l’andreottismo e il dellutrismo che hanno proposto un metodo di gestione del potere in cui le mafie vengono trattate come soggetti autorevoli per il confronto, lo scambio e l’eventuale convergenza di obiettivi.

Questa volta poi abbiamo deciso di organizzare una “produzione sociale” che mettesse insieme tanti piccoli coproduttori piuttosto che amministrazioni pubbliche e fantomatici bandi: credo che il metodo di produzione di uno spettacolo sia una caratteristica fondamentale dell’etica di preparazione del prodotto culturale e trovare così tanti sostenitori tra il mio pubblico e i miei lettori inevitabilmente mi responsabilizza molto di più tenendomi tra l’altro ben saldo con i piedi per terra piuttosto che perdere energie e tempo in assurdi, patafisici rapporti politici con amministratori troppo spesso incompetenti nel campo culturale. Siamo vicini al raggiungimento della quota che ci permetterà di andare in scena e di dare alle stampe il libro con il copione e le informazioni giudiziarie del processo di Dell’Utri a Palermo. Io credo che finché non riusciremo a riconoscere i “dellutrismi” oltre a Dell’Utri non saremo capaci di disinnescare questo stillicidio di politici indegni.

PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)