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Crocetta e l’intercettazione che non esiste: vuoi vedere che avevamo ragione noi?

Ne scrivevamo giusto ieri e sul Corriere  della Sera di oggi esce un’intervista che vale la pena leggere:

Nell’ufficio al secondo piano del palazzo di giustizia — dove i suoi predecessori hanno affrontato decenni di stragi, delitti, misteri e veleni — il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi si dice sorpreso per la vicenda dell’intercettazione fantasma contro l’ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino, che rischia di travolgere il governo regionale guidato da Rosario Crocetta.
Che cosa c’è che non va, procuratore? 
«Mi dispiace constatare che, ferma restando la libertà di stampa e il diritto-dovere dei giornali di esercitare il controllo su ogni tipo di potere, compreso quello giudiziario, ci siano ancora molti che continuano a credere all’esistenza di un’intercettazione nonostante le ripetute smentite di un organo dello Stato come la Procura della Repubblica che ho l’onore di guidare, dopo lo svolgimento di accurati accertamenti le cui conclusioni mi sono state consegnate per iscritto. Forse è la conseguenza della tormentata storia vissuta da questo Paese, ma siamo al di fuori della fisiologia dei rapporti istituzionali».
Però L’Espresso conferma, e le intercettazioni agli atti non sono indicative di buoni rapporti tra alcuni indagati e Lucia Borsellino. 
«Certamente le registrazioni che abbiamo a disposizione dipingono un clima di ostilità nei confronti di Lucia Borsellino, nonché i motivi di disagio che l’hanno spinta alle dimissioni. Ma proprio il fatto che abbiamo dovuto ricostruire quel contesto attraverso una faticosa opera di connessione e incastro fra tanti discorsi spezzettati nel tempo è un’ulteriore conferma che l’intercettazione di cui tanto di discute non esiste».
Perché? 
«Se fosse esistita l’avremmo certamente utilizzata nel procedimento, perché nei termini in cui è stata diffusa sarebbe stata la dimostrazione plastica dei rapporti difficili all’interni del sistema sanitario regionale. Avrebbe fatto comodo alla tesi dell’accusa, ma non c’è».
Senza la rivelazione di quel presunto colloquio, però, il caso Crocetta-Borsellino non sarebbe esploso nei termini dirompenti che invece ha avuto. 
«È vero, e anche questo dovrebbe essere motivo di riflessione. La lettera di dimissioni consegnata venti giorni fa da Lucia Borsellino era stata trattata come polvere nascosta sotto il tappeto. Ed è il sintomo di un’altra anomalia italiana».
Quale? 
«La tentazione di agganciare ogni tentativo di ribaltamento degli equilibri politici a qualche iniziativa della magistratura; come se la politica avesse sempre bisogno di un appiglio giudiziario a cui attaccarsi, prima di muoversi. Talvolta anche aggrappandosi a fatti inesistenti, come in questo caso. È una situazione che si protrae da tempo, anch’essa indice di rapporti istituzionali alterati; se si vuole modificare un determinato quadro politico, a livello nazionale o locale, lo si faccia, ma senza tirarci in ballo».
Sta denunciando l’ennesima delega della politica alla magistratura? 
«Che la magistratura sia stata caricata di compiti di supplenza è una realtà sotto gli occhi di tutti. Ma non si può pretendere che svolgiamo questa supplenza su questioni tipiche della politica, come il mantenimento o meno della maggioranza a sostegno di un governatore regionale».
Dunque dovreste porvi il problema delle conseguenze delle indagini? O, come in questa vicenda, delle smentite? 
«Credo che dobbiamo essere attenti alle conseguenze della nostra attività, come auspicato dal vice-presidente del Csm Legnini, ma anche a non farci condizionare da esse nello svolgimento del nostro lavoro. Come sostiene autorevolmente il procuratore di Roma, che di recente ha guidato inchieste che hanno provocato non pochi effetti collaterali sul piano politico, il nostro compito è fare indagini e processi, non altro. Senza doppi fini. E senza intenti pedagogici, aggiungo io».
La smentita dell’intercettazione dello scandalo, tuttavia, è un sostegno alle tesi del governatore Crocetta, che immagina complotti ai suoi danni. 
«Non è corretto interpretare un intervento dovuto, proprio per l’oggettiva rilevanza del caso, a favore o contro qualcuno. Ho ritenuto di dover dare un contributo di verità, mettendo a disposizione di tutti un dato oggettivo: quell’intercettazione non esiste agli atti di questa Procura. In nessuna forma: registrata, trascritta o riassunta. Quanto alle ipotesi, sono poco incline a credere ai complotti. Abbiamo aperto un’indagine per verificare se sono stati commessi dei reati, e tentare di mettere un po’ d’ordine. Credo che lo dobbiamo anche alla famiglia Borsellino».

Ha verificato se l’intercettazione è agli atti di altri uffici? 
«No, perché non è mio compito. Del resto se un procuratore venisse a chiedermi cosa c’è nei miei fascicoli avrei buon gioco a rispondergli che non sono affari che lo riguardano. In ogni caso L’Espresso ha ribadito che l’intercettazione sarebbe stata registrata in un’indagine palermitana, e io non posso che confermare la smentita».

Quanto durerà l’indagine? 
«Il tempo necessario. L’ufficio si sta dedicando con ritrovato e rinnovato e impegno al contrasto di fenomeni criminali di ogni tipo, da Cosa nostra ai reati contro la pubblica amministrazione. Tuttavia non mancheremo di dedicare le dovute energie a questo accertamento».