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Lettere che mi rendono felice

12122542_868262876576517_1348074369069251953_nContinuiamo a correre. Ed è un bene. Continuo ad incrociare librerie, librai e lettori che sembrano il presepe del paese raccontato in televisione e non credo che siano questi ad essere in cattività. A Napoli mentre presentavo ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ avevo di fronte, in prima fili, fissi sul petto gli occhi dei figli di Michele Landa e il pubblico stralunato ha visto un libro a forma di famiglia e una famiglia a forma di libro, tutti e due insieme. Mentre mi faccio portare in giro dal mio libro respiro con quegli slanci tutti polmoni come quando ero ancora capace di meravigliarmi. Sono diventato terribilmente bambino. O meravigliosamente vecchio. Dentro la scatola da scarpe ci ho trovato anche qualche pezzo di me che per noncuranza avevo lasciato in giro.

Ma soprattutto ci sono le voci di chi l’ha letto che mi mostrano angoli nemmeno immaginati: Mario Portanova (che è sempre un onore avere di fianco per la sua pulizia intellettuale, oltre che la preparazione) ha detto che Michele, il protagonista del libro, è un “profugo stanziale” cioè uno che vive da straniero nel suo paese perché non ne accetta le dinamiche bieche. Una lettrice forte mi ha insegnato che dentro il libro c’è il coraggio di raccontare coloro che “fanno ciò che possono” ed ha ragione: forse davvero abbiamo scambiato i fragili per vigliacchi, tutti presi da questa muscolosità politica.

Poi mi è arrivata una lettera. Inaspettata perché disinteressata come si riesce ad essere disinteressati di fronte ad un libro che non vuole insegnare niente, solo raccontare. Me l’ha scritta Stefano e ha il colore delle lettere scritte di fretta, senza mediazioni. Dice:

 

“…ebbene sì, caro Giulio, scusa se mi permetto di essere diretto, ho letto il tuo ultimo libro e sento la necessità di ringraziarti.
Dopo cinque minuti, da che l’avevo chiuso già l’avevo passato a mio padre con cui condividiamo la passione per la lettura, vorrei sentire il suo parere…ma soprattutto vorrei che anche lui, come me, conosca Michele e Rosalba,
per respirare la polvere di Mondragone, apprezzare la semplice bellezza delle loro vite e della verità.
Spero che non mi deluda, che mi confermi  ciò che penso e cioè che chiunque legge “Mio padre in una scatola da scarpe” deve donarlo a chi ama con la promessa che egli faccia lo stesso.
Perchè poi, quando ne avrà bisogno ritroverà comunque ogni riga, ogni emozione scolpita in modo indelebile sul proprio cuore.
Spero che mi confermi ciò che penso…tu hai scritto un Capolavoro, grazie  alla vita di Michele che è una testimonianza rara di amore e verità.

Non preoccuparti comunque.. lo consiglierò a chiunque.. ne regalerò una coppia a tutti.. anche a chi non conosco.

ti abbraccio e, appunto, ti ringrazio dal profondo del mio cuore, della mia anima.

Stefano”

Quando l’ho letta ho pensato che non è mica indirizzata a me, piuttosto ai figli di quel Michele Landa che ha lasciato dei figli veri, mica solo dentro un libro. E quando Angela Landa l’ha letta mi ha scritto una risposta che è un fulmine:

“la mia felicità è che da una storia di dolore è nata una storia di amore”

Vedi quanto sono forti i libri. E i buoni.