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Li armano e poi li combattono

 Solo due settimane fa, dall’aeroporto di Cagliari, era partito un cargo contenente tonnellate di bombe italiane. Destinazione: la base militare delle forze armate saudite a Taif. Nei mesi precedenti, ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, erano stati ritrovati in diverse città dello Yemen colpite dalla coalizione saudita.Silenzio da parte italiana: il ministero degli Esteri non è intervenuto neanche per smentire che le forze saudite stessero impiegando in Yemen anche ordigni prodotti in Italia. Non pervenute neppure le interrogazioni parlamentari.
Eppure, l’Italia è stata promotrice del Trattato internazionale sul commercio di armi, entrato in vigore due anni fa, che vieta il trasferimento di armi laddove vi sia il serio rischio che vengano usate per compiere violazioni dei diritti umani. Per non parlare della legge 185 del 1990 che vieta espressamente l’esportazione di armamenti “verso i paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”.
Delle violazioni dei diritti umani che si verificano all’interno dell’Arabia Saudita, Matteo Renzi – ci dice una stringata nota di agenzia – avrebbe parlato alle autorità saudite, chiedendo un atto di clemenza per il noto blogger Raif Badawi (condannato a 10 anni e 1000 frustate) e per il giovane attivista Ali Mohammed Baqir al-Nimr che, insieme a suo zio, l’influente religioso sciita Nimr al-Nimr, rischia l’esecuzione. Quest’anno in Arabia Saudita sono state eseguite già 151 condanne a morte
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