Alla fine si è riusciti a fare peggio di Renzi. Dico il giorno dopo, ieri, quando davvero a sinistra abbiamo dovuto ascoltare le voci di chi vorrebbe convincerci che non sia andata così male, che è un buon inizio, e addirittura che a sinistra le cose sono andate così così per colpa del PD. Incredibile: i democratici perdono voti che la sinistra non riesce a raccogliere e nemmeno così è colpa loro. Così ieri Matteo Renzi che gigioneggiava riconoscendo l’insoddisfazione per il risultato (pur scansandolo) è apparso più autentico della sinistra soddisfazione simulata di chi esulta per percentuali da prefisso telefonico. Renzi più innovativo anche nella sconfitta, pensa te.
Ma ci deve essere qualcosa di oscuro in questo magma che riesce ad avere dinamiche solo endogamiche a sinistra del Pd. Perché se è vero che la sinistra (ed esiste, eccome, pur disordinatamente diffusa) è una speranza accesa (e una storia prorompente, non dimentichiamolo) ad oggi mancano gli eletti e gli elettori. Perché? Eccola l’annosa domanda che si ripete ogni volta. Ed ogni volta è un profluvio di risposte infiorettate e all’uncinetto. Sbagliate, evidentemente.
E così ieri si è alzato il venticello della sinistra che deve tornare unita. «Ripartire tutti insieme» si legge da qualche parte, come se la somma dei fallimenti possa essere la soluzione. Tutti che invocano un cambio di paradigma ma non sono nemmeno disposti a mettersi in discussione davanti alle macerie. Anzi la novità dell’ultima ora è quella di ripartire da De Magistris, fingendo di non sapere che la sua vittoria ha provocato lancinanti mal di pancia proprio tra i maggiorenti della Sinistra. Il nocciolo forse sta proprio tutto qui: nella mancanza di coraggio fingendosi uguali e in dirittura di accorpamento. Qui, a sinistra, c’è un popolino di dirigenti che si accontentano di sentirsi capi anche senza elettori.
(il mio buongiorno per Left continua qui)