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Il lanciafiamme (e il partito) secondo Renzi

Che giornata. Di quelle da leccarsi i baffi: tutta senso della misura e bullismo lessicale. Politica? Niente. Al massimo qualche sede aperta per un controllo delle forze dell’ordine, come succede a Napoli dove, leggendo le accuse, sembra che il PD riesca a perdere nonostante gli illeciti.

Matteo Renzi chiude il mercoledì 8 giugno 2016 con un frase sfortunata (una cazzata, si direbbe in termini tecnici) e un’inchiesta su Napoli che riporta agli anni ’80, ai Lauro che regalavano la scarpa destra solo dopo il voto. E in tutto questo Renzi in differita con Lilli Gruber a “Otto e mezzo” riesce in una sola intervista a negare l’alleanza con Verdini, a simulare ancora che questo voto delle amministrative non sia un anche un giudizio sul governo per poi finire promettendo di entrare “con il lanciafiamme” nel partito dopo i ballottaggi.

Il paninaro precipita e intanto chiede che l’orchestrina continui a suonare, inconsapevole di una reazione alla sconfitta che rischia di essere il viatico peggiore per i ballottaggi. Non sa, Renzi, che la superbia è un vizio perdonabile ad un eroe letterario o cinematografico ma risulta indigesta a chi decide i prelievi e la drammaturgia del nostro quotidiano. E non sa, Renzi, o finge di non capirlo, che nel momento in cui ti accorgi di non avere classe dirigente per quell’antico vezzo di circondarti di nani, timoroso dell’ombra, ormai stai camminando sulle macerie; ogni sforzo è solo l’accanimento terapeutico di un’agonia consapevole di non avere cura.

(il mio buongiorno per Left continua qui)