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Brexit, nell’UE l’inglese resta la lingua ufficiale e gli inglesi se ne vanno

Pensa te, la lingua ufficiale in Europa (insieme a francese e tedesco) s’è persa per strada i suoi abitanti. L’inglese come lingua universale, ci dicevano, perché già ampiamente diffusa e perché era per noi la lingua delle multiculturalità, da tenere in tasca negli incontri multietnici che capitano nella vita, la lingua da imparare a scuola perché chiave universale di lettura e intelligenza. Per i nati negli anni ’70 e ’80 l’inglese (in senso largo) era il contenitore delle differenze e delle aperture. Prima del mito americano, insomma, erano loro la “terra promessa” della fantasia. Oggi l’Europa parla inglese mentre gli inglesi invece se ne vanno (i britannici, almeno, non ce ne vogliano gli irlandesi).

La questione non è linguistica e culturale ma è soprattutto politica: questa Europa ha riservato al Regno Unito un’attenzione particolare, una tensione all’accomodamento che ha permesso a Cameron e i suoi di stare nell’Europa con un piede dentro e uno fuori. Erano sì in Europa ma senza euro, piuttosto stretti alla loro sterlina, partner commerciali ma senza Schengen e con una narrazione tossica dell’Europa per la propaganda interna: la Gran Bretagna ha giocato sull’Europa una partita egoista e ora ne paga le conseguenze. “Populismo” dicono come al solito i commentatori dalle posizioni indefesse sprecando tempo per convincerci, al solito, che in un referendum ci sia una scelta giusta e una sbagliata mentre gli elettori sono banalmente una carta delle probabilità da tenerne conto fino al prossimo giro; ma non è populista il demagogo che cerca di rendere potabile la priorità del mercato sulle persone? Non è populista chi ha iniettato la finanza nella politica fino a renderla mera rappresentazione di una gestione di bilancio travestita da amministrazione di popoli? Non è populista chi usa referendum su temi così spessi e complessi per rinforzare il proprio peso all’interno di un governo o del proprio partito (come Cameron e come sta facendo Renzi, del resto)? Non è populista chi ha affidato alla statica burocrazia la ricerca di soluzioni per un mondo che sta cambiando così velocemente in un’orribile discesa di diritti, di salari, di benessere e di partecipazione alla vita pubblica?

(continua qui)