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Il “caso Crocetta” e il grande giornalismo d’inchiesta

Ne scrivevamo un anno fa (qui): vuoi vedere che i sacerdoti dell’antimafia spalmati sul presunto “caso Crocetta” hanno preso un granchio? La presunta intercettazione che fece tanto discutere su Lucia Borsellino è stata sventolata ma non si è mai vista. Guarda il caso.

Oggi Il Post prova a fare il punto sul processo ai giornalisti:

«La fonte che l’Espresso ha permesso ai magistrati di identificare si chiama Mansueto Consentino, è un ufficiale del carabinieri che dal maggio del 2014 comanda la compagnia di Desio, in provincia di Milano. Secondo Messina, fu il capitano Cosentino a fargli ascoltare l’intercettazione, a Palermo, nel maggio del 2014. Nella registrazione, dirà nell’interrogatorio del 9 settembre, non c’erano le parole “come suo padre”. Secondo il giornalista, il capitano Cosentino gli fece sentire soltanto “una frazione di secondo” della registrazione, dalla quale non era possibile comprendere con chi stesse parlando Tutino. Queste sono le sue parole nei verbali dell’interrogatorio: contattato dal Post, Messina ha preferito non commentare sulla precisione delle dichiarazioni che ha reso ai magistrati. Anche Zoppi e i loro legali non hanno voluto rilasciare dichiarazioni pubbliche.

Cosentino nega di aver mai fatto sentire un’intercettazione simile a Messina e questa è la ragione dell’imputazione per calunnia nei confronti di Messina (a cui è stato successivamente associato anche Zoppi). Ma anche se fosse andata come ha raccontato Messina, questo non spiega come si sia passati dalle poche parole smozzicate ascoltate alla frase “dobbiamo farla fuori come il padre”, chiaramente e con certezza attribuita a una conversazione tra due persone specifiche, Tutino e Crocetta. Messina sostiene che, dopo le dimissioni di Borsellino, parlò di nuovo con la sua fonte, il capitano Cosentino, e gli chiese di confermargli la frase nella versione che sarebbe poi apparsa sull’Espresso. Messina sostiene che il carabiniere gli disse che era una versione plausibile, ma gli consigliò di rivolgersi a un’altra fonte per avere conferma. Cosentino nega che questa conversazione sia mai avvenuta. Messina allora cercò una seconda conferma e racconta di essersi incontrato con un magistrato della procura di Palermo, Bernardo Petralia. Anche qui, nell’interrogatorio, ammette che i commenti di Petralia furono piuttosto vaghi.»

La ricostruzione completa è qui.