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Politicamente. Non saprei come non farlo.

Ma cos’è la politica? Dico non nel suo senso letterale, giuridico o così com’è scritto nei libri, no, mi chiedo cos’è la politica, come viene vissuta, che odore ha e quali onde crea quando viene annusata durante un conversazione: che fastidioso calcolo è diventato la politica, incapace di non infeltrire qualsiasi discorso, rapporto o sempre pronta a rendere scivoloso un passaggio. Brutti i tempi in cui l’impegno si riduce a una contrizione interna da smistare tra amici stretti, quel tempo in cui l’insoddisfazione o il dolore stanno solo a suggerire una mezza ispirazione per il prossimo libro mentre tutti giocano a essere impolitici. Ci vorrebbero meno politici, ha detto Renzi lanciando una riforma che è un deserto travestito da semplificazione; meno politici (e meno politica) sono gli elementi ideali per la glaciazione della passione, della fiducia e, appunto, dell’impegno.

Io non so come sia successo che siamo riusciti a sdoganare l’indifferenza, davvero. E sinceramente mi risulta anche difficile immaginare questa nuova classe di operatori culturali equilibristi tra il niente e il nessuno, quegli stessi che sottovoce al telefono in questi mesi mi hanno spiegato some sul prossimo referendum forse, visto il momento, non convenga esporsi troppo. Io no, io non ne sono capace. Ma non solo: sogno un Paese profondamente politico, con tutte le sue differenze e contraddizioni, con gli scontri (politici) che servono per confrontarsi e capire: anelo sempre di più ad avere infinite possibilità di allenare uno sguardo curioso. Io non saprei come non farlo, se non politicamente. Tutto: scrivere, scegliere, frequentare, muovermi nel mondo. Non saprei come farlo.

E non credo al reclutamento, no. Non funziona la propaganda tossica di chi si propone come unica soluzione spendendo quintali di energie unicamente per debellare l’immagine degli altri. Credo, questo sì, che sarebbe un bene per tutti alzare il livello di confronto; credo che bisognerebbe imparare a rispettare gli elettori e gli attivisti che molto spesso (troppo spesso) sono meglio della classe dirigente che esprime il partito in cui si ritrovano impegnati. Succede anche con i governi, troppo spesso, se ci pensate.

Ecco perché mi sono buttato anima e corpo al Tour RiCostituente pensato con Possibile e Pippo Civati (trovate tutto qui): mi sento a casa con chi prende posizione, con chi parteggia. Da sempre, Con chi decide da che parte stare. E auguro a voi di trovare una casa accogliente, allo stesso modo.

La casa, appunto: ma perché mischiarsi con un simbolo di partito? La banalissima domanda è un’altra delle masturbazioni dei tanti politiconi che fiancheggiano (e per di più servono nel senso di servire) come favoreggiatori esterni. Che schifo il simbolo di partito, mi dicono e poi tutti a correre per uno spettacolino o un’esibizione alla mercé del padrone più conveniente. Ma se compare un simbolo, no, quello no: del resto non si erano mai visti così tanti sostenitori di un segretario di partito (Matteo Renzi, tra le altre cose, è anche questo, eh) che schifano il PD. Ho chiesto io, di persona personalmente, di non essere considerato ospite in una comunità politica in cui mi ritrovo ad operare. Non hai paura che ti associno ad un partito? mi hanno chiesto. E mi sono chiesto se non è proprio questa facile associazione semplicistica ad essere il sintomo di una certa vigliaccheria. Temo il giorno in cui potrei farmi condizionare da interessi corporativi, questo sì ma non temo di influenzare una comunità. Anzi, è la politica, appunto.

In più credo che sia poco chiaro il luogo che Pippo Civati e i suoi hanno voluto costituire: Possibile è un insieme di esperienze che hanno (e anche svolgono) ruoli molto diverse. No, niente reclutamento, mi spiace. In giro per l’Italia ci sono Comitati spontanei che nascono semplicemente riunendo gruppi (a partire da dieci persone, pensa te) con un obiettivo comune e dei valori condivisi. Niente “corpi intermedi” di partito: quelle pieghe in cui si allevano tanti piccoli servitori diligenti. Niente di tutto questo. E pensare che erano in tanti (io incluso) a chiedere a Pippo di uscire da quella destrorsa marmaglia che è diventato questo governo. E ho sempre pensato che chiederglielo equivalesse anche a un certo senso di responsabilità nei suoi confronti. Ma forse sono strano io.

Anzi, avrei voluto che fossimo comitato noi che ci ritroviamo a fine giornata, dopo ore di notizie e scrittura, a discutere di cosa è stato, di solito prima di cena, e di cosa avremmo potuto fare meglio o capire prima. Questo è un Paese pieno di presidi politici che seppur ristretti hanno più dignità e lungimiranza di celebratissimi consigli di amministrazione. Poi mi hanno detto che a Ostia, non lontano da me, c’è un accanito gruppo che cerca di capire la marmaglia di mafia, politica, corruzione e antimafia finta in un lido che è diventato il sacchetto dell’umido della Capitale. E ho pensato che forse sarebbe interessante metterci lì, le mani in pasta. Provare a capire, che è una ginnastica che amo moltissimo.

Ecco, l’augurio è che l’Italia diventi fortemente e appassionatamente politica. Fatelo dove volete, con chi volete, con spirito critico. Iscrivetevi alle associazioni, ai partiti, ai gruppi d’acquisto in cui sentite il profumo di passione. Ma fatelo, senza restare fermi. Se volete provarci qui con noi o capire o parlare, se volete capire se è Possibile allora parliamone. Basta poco. Basta fare un salto qui o, se preferite, scrivere a me, direttamente cliccando qui.