Il pezzo di Nicolas Hénin, The Guardian:
Sono orgoglioso di essere francese, pertanto sono sconvolto quanto chiunque altro dopo i fatti di Parigi. Ma non sono né scioccato né incredulo. Conosco i jihadisti dello Stato islamico (Is), mi hanno tenuto in ostaggio per dieci mesi e so per certo che il nostro dolore, il nostro strazio, le nostre speranze, le nostre vite non gli interessano. Il loro è un mondo a parte.
La maggior parte delle persone li conosce solo per i loro materiali di propaganda, ma io ho visto cosa c’è dietro. Quando ero prigioniero, ne ho incontrati diversi, compreso Mohammed Emwazi: “Jihadi John” era uno dei miei carcerieri. Mi aveva soprannominato Pelato.
Ancora oggi a volte chatto con loro sui social network e posso garantirvi che gran parte di ciò che voi pensate di loro è il risultato del loro lavoro di marketing e pubbliche relazioni. Si presentano come supereroi, ma lontani dalle telecamere sono piuttosto patetici: ragazzi di strada ubriachi di ideologia e potere. In Francia abbiamo un modo di dire: stupidi e cattivi. Io li ho più trovati stupidi che cattivi. Ma non significa sottovalutare il potenziale omicida della stupidità.
Tutti quelli decapitati nel 2014 sono stati miei compagni di cella, e i miei carcerieri si divertivano a torturarci psicologicamente dicendoci un giorno che saremmo stati liberati, per poi dirci due settimane dopo: “Domani uccideremo uno di voi”. Le prime volte gli abbiamo creduto, poi però abbiamo capito che raccontavano balle per divertirsi a nostre spese.
Inscenavano esecuzioni finte. Una volta con me hanno usato il cloroformio. Un’altra volta si trattava di una scena di decapitazione. Un gruppo di jihadisti che parlavano francese urlavano: “Vi taglieremo le teste, ve le metteremo sul culo e caricheremo il video su YouTube”. Avevano preso una spada in un negozio di antiquariato.
Ridevano e io stavo al gioco urlando, ma volevano solo divertirsi. Una volta andati via, mi sono voltato verso un altro ostaggio francese e mi sono messo a ridere. Era davvero ridicolo.
Mi ha colpito vedere quanto siano connessi dal punto di vista tecnologico; seguono le notizie in modo ossessivo, ma sempre commentandole attraverso i loro filtri. Sono completamente indottrinati, si aggrappano a teorie cospirative di ogni genere, non ammettono contraddizioni.
Saranno rincuorati da qualsiasi segno di reazione esagerata, di divisione, di paura, di razzismo, di xenofobia
Qualsiasi cosa serve a convincerli di essere sulla via giusta e di essere parte di una specie di processo apocalittico che porterà a uno scontro tra un esercito di musulmani provenienti da tutto il mondo e gli altri, i crociati, i romani. Ai loro occhi tutto ci spinge in quella direzione. Di conseguenza, tutto è una benedizione di Allah.
Dato il loro interesse per le notizie e i social network, noteranno ogni singola reazione al loro assalto omicida a Parigi, e secondo me proprio in questo momento il loro slogan sarà “Stiamo vincendo”. Saranno rincuorati da qualsiasi segno di reazione esagerata, di divisione, di paura, di razzismo, di xenofobia.
Centrale alla loro visione del mondo è la convinzione che le comunità non possono vivere insieme ai musulmani e ogni giorno vanno a caccia di prove a sostegno di quest’idea. Le immagini dei tedeschi che hanno accolto i migranti di sicuro li avranno sconvolti. Coesione, tolleranza: non è ciò che vogliono vedere.
Perché la Francia? Le ragioni sono probabilmente molte, ma penso che abbiano identificato il mio paese come un anello debole in Europa, un luogo in cui è molto facile seminare divisioni. Ecco perché quando mi chiedono come dovremmo reagire, io rispondo che dovremmo agire in modo responsabile.