A Palermo un teatro gestito da uomini di cultura: Roberto Alajmo e Emma Dante (che per il Teatro Biondo tra le altre cose si occupa anche della scuola del teatro) non sono semplicemente teatranti ma sono completamente artisti. Per questo il Teatro Biondo negli ultimi anni ha avuto in mente un’idea culturale diversamente dai troppi teatri italiani sempre più impegnati a coccolare il potere.
Io devo dire ammettere di non amare i circuiti teatrali nostrani e, di rimando, non sono amato: ogni volta che mi sono avvicinato a quel mondo ho avuto la sensazione di avere ritirato il numero per accodarmi in attesa di qualche ostico certificato. Il teatro italiano (quello minuscolo) è un pranzo di gala in cui si servono solo gli avanzi dei palazzi anche se tutti fingono di apprezzarne la cucina. E devo dire che al Teatro Biondo, come spesso succede, in cartellone non ci sono mai nemmeno entrato: ho calcato il palco circa un anno fa per una serata di vicinanza agli amici di Addiopizzo e Nino Di Matteo. Gratis. Pensa te. Il professionismo dell’antimafia tira brutti scherzi, eh.
Però quel teatro (e la chiacchierata con Roberto, il direttore) mi ha lasciato la meravigliosa sensazione di avere visitato un luogo vivo. E mi confortava sapere che Emma avesse trovato una casa nella sua città dopo avere conquistato cuori dappertutto. Le riconciliazioni sono un bene prezioso.
E invece no. Il sindaco di Palermo, come succede spesso quando la politica tocca il teatro, ha pensato bene di calpestare il palco della politica triturando i palchi faticosamente tenuti in vita e così alla fine Roberto e Emma hanno deciso di dimettersi (ne trovate notizia qui).
E tutti i grandi protagonisti della scena italiana rimarranno ammansiti sperando di ottenere comunque una data nel prossimo cartellone. Se appoggiate l’orecchio non sentite mica il mare: c’è tutta la timidezza di un corpo culturale disgregato.