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Vietano il burkini e intanto gli vendono le armi

Avere sempre la curiosità di osservare i fatti. Sempre. Un articolo da incorniciare di Fulvio Scaglione. Famiglia Cristiana, per dire:

Il sonno della ragione dei politici europei, impegnati a rincorrere qualunque retorica pur di speculare su qualche voto, produce mostri come la polemica francese sul burkini. A sua volta preziosa perché, letta in controluce, spiega tutto non solo della Francia, afflitta da una classe di governo di rara mediocrità, ma dell’Europa intera e, alla fin fine, di questo Occidente insopportabilmente pigro dal punto di vista morale e ipocrita.

Qualche fatto. Pochi giorni fa il sindaco di Cannes, David Lisnard, ha emesso un’ordinanza per vietare sul territorio del suo comune l’uso del burkini, l’orribile costume da bagno che copra tutto il corpo della dona, capo compreso, ed è usato da certe donne musulmane. Nell’ordinanza, Lisnard si richiama alla necessità di difendere “i buoni costumi” e “la laicità” e “di far rispettare le regole d’igiene e sicurezza”. L’ordinanza, ovviamente, è stata subito replicata dai sindaci di altri comuni della Costa Azzurra ed è poi finita davanti al magistrato per gli altrettanto ovvi ricorsi.

A dispetto del nome, il burkini c’entra poco col burka. In Italia il burka, che copre anche interamente il volto, è fuori legge… per legge: la legge Reale del 1975, che disciplina la tutela dell’ordine pubblico e proibisce, appunto, di rendersi irriconoscibili coprendo il volto. Ma il burkini, che in definitiva somiglia a una muta completa da subacqueo, da noi dovrebbe essere proibito con un provvedimento ad hoc. Detto questo, ci sono alcune ragioni precise che rendono l’operato dei francesi non solo una farsa ma una farsa pericolosa.

LA CANNES DI LISNARD DOVE SI VIETA IL BURKINI

Frequento da anni la Costa Azzurra, alla maniera di tanti altri piccoli borghesi del Piemonte e della Lombardia. Mini appartamento a Mentone (in società con mia madre e mio fratello), poi da lì si va qua e là. In questi anni di burkini ne avrò visti, a dir tanto, tre. Mi sfugge quindi come il sindaco di Cannes (75 mila abitanti, d’estate almeno oltre i 100 mila) possa sentire minacciati, tutti insieme, i costumi, la laicità, l’igiene e la sicurezza del suo ricco Comune. Soprattutto mi pare incredibile che il sindaco non noti una contraddizione. Lui vieta i burkini in spiaggia, ma nel centro si vedono donne abbondantemente velate (le stesse che hanno finito di fare il bagno?) che, pasturando stuoli di bambini e restando disciplinate nell’ombra dei mariti entrano nei ristoranti, escono dalle boutique con mazzi di pacchetti, vanno a curiosare nelle agenzie immobiliare, fanno acquisti in gioielleria e così via. In quei casi, a quanto pare, il sindaco Lisnard non vede alcun pericolo per la laicità e l’igiene, anche se le donne sono coperte proprio come se avessero il burkini. Che sia una questione di quattrini? Veli e coperture vanno bene tra i negozi, perché da sotto quei veli escono gli euro. E non vanno bene in spiaggia, dove qualche turista potrebbe adontarsi e portare i propri euro lontano dal comune di Cannes?

Si diceva prima del magistrati e dei ricorsi che si è trovato a esaminare. L’ordinanza del sindaco Lisnard è stata sdoganata. Anche alla luce, ha sentenziato il magistrato, dello stato di emergenza proclamato dopo la strage di Nizza del 14 luglio. Curioso anche questo: Mohamed Bouhlel, il camionista che uccise 84 persone investendole sul lungomare, era uno piscopatico violento che andava a donne, beveva, non frequentava la moschea e non osservava il Ramadan, il mese del digiuno che è uno dei cinque precetti che definiscono il musulmano.

MANUEL VALLS, IL BURKINI INCOMPATIBILE CON LA FRANCIA E LA “RELAZIONE STRATEGICA” CON L’ARABIA SAUDITA

Quel che è peggio, però, è che sulle stesse posizioni si è allineato anche il premier Manuel Valls, che si è lanciato in frasi importanti. “Il burkini è incompatibile con i valori della Francia e della Repubblica, ed è l’espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna”. Forse il burkini è incompatibile con la Francia, ma tutto il resto no. Voglio dire: il burkini offende la Repubblica e le donne ma ciò che produce il burkini e, soprattutto, produce quella visione estrema dell’islam, l’asservimento delle donne e molte altre cose al premier Valls va benone. Anzi: lui lo ama, lo ritiene indispensabile.

Fu proprio Valls, qualche mese fa, a dire che la Francia ha con l’Arabia Saudita una “relazione strategica”. Quindi importante, anzi irrinunciabile. Eppure Valls sa come sono vestite le donne saudite. Sa che non possono guidare. Sa che per mandare una donna a correre alle Olimpiadi di Rio, anche lei per altro vestita con una sorta di burkini su cui nessuno ha protestato, hanno dovuto trovarne una che fosse accompagnata in Brasile da un parente maschio e avesse il permesso di padre e marito. Sa anche, Valls, che il wahabismo saudita è la forma più radicale e conservatrice di islam oggi praticata nel mondo. E che i wahabiti, usando i petrodollari, propagandano quella visione dell’islam in tutto il mondo, finanziando scuole coraniche radicali, gruppi estremistici, financo gruppi terroristi. Ma ciò che offende e indigna Valls è il burkini.

Di più. La frase sulla “relazione strategica” fu pronunciata subito dopo che il presidente Hollande aveva concesso la Legion d’Onore, massima onoreficenza francese, a Mohammed bin Nayef, principe ereditario della monarchia saudita e ministro degli Interni. In quel momento del 2016 , Bin Nayef aveva già firmato 70 condanne a morte (una fu eseguita due giorni dopo il ritiro della Legione) e, come ministro degli Interni, è responsabile proprio di quel sistema perverso di leggi civili e leggi religiose che tiene le donne saudite nello stato in cui sono, quasi prive di diritti e, ovviamente, obbligate a indossare il burkini. Ma Valls non era turbato dal fatto di onorare un tale personaggio. No, lui si turba per il burkini.

D’altra parte i politici francesi sono tipi particolari. Nel 2015 per ben tre volte i vertici del sistema politico d’Oltralpe si sono recati in Arabia Saudita, il Paese dove l’asservimento delle donne è più palese, a omaggiarne i dirigenti. Due volte Hollande e una lo stesso Valls il quale, il 12 e 13 ottobre, ha firmato contratti per 10 miliardi di euro. Quei soldi coprivano anche un’abbondante fornitura di armi prodotte in Francia. Il che significa solo una cosa:  che per un po’ di denaro, il buonValls e il buon Hollande andavano a rafforzare il regime che da della negazione della laicità e dell’asservimento delle donne due caposaldi della propria visione del mondo. Per non parlare del fatto che molte di quelle armi saranno probabilmente passate a gruppi armati fondamentalisti, per esempio l’Isis. Tutto questo però non è incompatibile con i valori della Repubblica francese. Tutto questo non sconvolge Valls. A lui lo sconvolgono solo i burkini.

Alla fin fine, è sempre la solita storia. Siamo moralmente pigri e miseri, per quattro petrodollari diamo via l’anima e altro. Quindi proprio non possiamo prendercela con le centrali che alimentano nel mondo, concretamente, il fanatismo, il radicalismo islamico, il terrorismo. Così ce la prendiamo coi simboli. Il che è una vera stupidaggine. Perché i simboli appartengono a tutti i musulmani, Il terrorismo e le armi solo a una parte di loro. Per denaro, quindi, preferiamo prendercela indistintamente con l’islam, scontentando quindi tutti i musulmani, e lasciare in pace chi, in definitiva, ci spara addosso.

E’ il marchio di fabbrica di questa Europa imbelle, senza nerbo e senza visione. E il trionfo delle teorie dello “scontro di civiltà” partorite dai neocon americani e da quelli che li hanno seguiti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: dal 2000 a oggi le vittime di atti terroristici sono aumentate di nove volte. Come diceve Nanni Moretti. Continuiamo così, facciamoci del male.