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Però le lacrime non vi assolvono

Lo spazio bianco. Di dolore, di condivisione. Di sospensione. Non c’è mica commento al dolore.

 

 

 

Però diceva Enzo Biagi nel suo libro ‘Senza dire arrivederci’ (era il 1985) che «i terremoti e le alluvioni sono sempre favorevoli circostanze per dimostrare, nella generale sventura, il coraggio e la bontà dei potenti». Biagi non era un polemista, tutt’altro, ma si inserisce nella scarna schiera dei giornalisti con la schiena diritta; quelli che considerano umanissimo e etico anche provare a riordinare i fatti, i sentimenti e le parole. Anche in mezzo al dolore e alle macerie.

Scrivere di un terremoto il giorno dopo un terremoto equivale al camminare su una corda appesa tra gli sciacalli appollaiati da un lato e i furbi dall’altro. Entrambi godono di una naturale timidezza diffusa nell’esprimere impressioni, osare considerazioni e provare a tirare le fila.

I fili del terremoto nel nostro Paese sono lunghissimi, scavalcano i secoli e si annodano sulle tragedie. Il 23 novembre del 1980 fu l’Irpinia ad essere morsicata dal terremoto. Nel suo discorso Sandro Pertini, al tempo Presidente della Repubblica disse: «Non deve ripetersi quello che è avvenuto nel Belice. Io ricordo che sono andato in visita in Sicilia. Ed a Palermo venne il parroco di Santa Ninfa con i suoi concittadini a lamentare questo: che a distanza di 13 anni nel Belice non sono state ancora costruite le case promesse. I terremotati vivono ancora in baracche: eppure allora fu stanziato il denaro necessario. Le somme necessarie furono stanziate. Mi chiedo: dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui è in carcere, come dovrebbe essere in carcere? Perché l’infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui».

(il mio buongiorno per Left continua qui)