Povera Roma. Appena uscita dalle grinfie di un PD che ha “licenziato” Ignazio Marino come un Pizzarotti qualsiasi mentre Mafia Capitale si infilava nei calzini dell’ultimo eletto di circoscrizione. Povera Roma. Capitale a cui sembravano avere tagliato anche la speranza s’è buttata nelle braccia della Raggi con il voto di chi non sa più dove sbattere la testa e s’è ritrovata le croste di Alemanno, le correnticchie tra uni che valgono uno e sullo sfondo gli impuniti del Pd che vorrebbero fare i moralisti.
Povera Roma. Che a sinistra s’è lanciata su Fassina che s’è lanciato su Roma per posizionarsi per un congresso che non si farà più di un partito (Sinistra Italiana) che traballa anche nel girello. Povera Roma. Una vita a crescere gli intellettuali della storia d’Italia e oggi filosofeggia sulle cinquanta sfumature d’avviso di garanzia.
Povera Raggi. Tutto questo tempo a raccontarci che schifo che fa “il partito” e poi a pagare lo scotto della mancanza di una comunità politica. Partito, in italiano. Immersa nella banda di chi dice che uno vale uno e lasciata sola come l’ultimo attivista di Ceppaloni. «Grillo mi ha mandato un sms», dice. Come se la politica non fosse solidarietà. Come la vita, del resto.
Povero Pd. Tutto intento a twittare i presunti fallimenti degli altri mentre su Roma si litiga per una delega di quartiere. Tutto intento a fare il maestrino dopo essere stato bocciato, bocciato e ribocciato. In attesa di un verbo sbagliato per spammare veleno su twitter. Con il vicepresidente della Camera che per hobby gioca a fare l’opposizione al servizio della compagna di Franceschini, ovviamente eletta. Povero Pd.
(il mio buongiorno per Left continua qui)