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Una sorta di prepotenza vittoriosa

Il Parlamento è stato per me innanzitutto il luogo del confronto. Nell’Aula mi trovavo di fronte a “l’altro da me”, ed ero obbligato ad interrogarmi, a risolvere nel vivo del confronto, anche aspro, il nodo di fondo: quale legge? Nel Parlamento che io ho frequentato era viva e concreta la pratica del confronto. Non solo nelle forme canoniche dei rapporti tra i gruppi politici, tra maggioranza ed opposizione, ma nelle relazioni che si stabilivano tra i singoli deputati, nelle lunghe e spesso intense giornate di lavoro comune. Non saprei fare paragone con altri paesi, ma in Italia questa esperienza c’è stata e non è stata un nulla. L’ho vissuta da deputato, poi come capogruppo parlamentare e infine quale Presidente della Camera. E ricordo molto bene l’impressione che ebbi, quando seguivo per “l’Unità” i lavori dell’Assemblea Costituente, dei rapporti, tutt’altro che formali, tra Togliatti, Nenni, De Gasperi, Dossetti. Ovviamente i rapporti non sono stati sempre e solo di confronto. Scelba è stato la negazione del rapporto con “l’altro” e non era certo isolato. In tutta la Dc, dopo il 1948, si affermò una sorta di prepotenza vittoriosa. Nella stessa Aula parlamentare vi erano scontri fisici, ricordo deputati che tentavano di assaltare perfino lo scranno della Presidenza. Ma ricordo anche la qualità e l’intensità del confronto politico. Intervenivano regolarmente i laeder, ed i loro discorsi erano densi di contenuto, quanto curati nella forma. Poi ci si incontrava in Transantlantico e si ragionava su quanto era accaduto in Aula. E ci si preoccupava di come comunicare all’esterno, da parte nostra di informare e coinvolgere i militanti di partito. Togliatti veniva a “l’Unità”, subito dopo la fine della seduta, per correggere personalmente il suo discorso. Lo vedo ancora, tutto sudato, tanto che le compagne avevano sempre pronta una camicia fresca, concentrato a modificare anche le virgole, prima di consegnarlo al redattore per la stampa. Bisognava far presto, per i tempi stretti di uscita del giornale. Del resto tutta la stampa dava conto in modo minuzioso delle cronache parlamentari. Insomma l’azione politica in Parlamento era molto mossa, tutt’altro che rituale. Credo che oggi sia molto sottovalutato, per non dire dimenticato, quanto abbia contato il Parlamento nella vita politica del paese. Non si facevano chiacchiere, si entrava nel merito delle scelte e delle decisioni del governo. In quel confronto mi sono formato, come giornalista e come politico. Ed è nella concreta pratica parlamentare che è maturata la mia concezione della democrazia e la mia riflessione sulla centralità del Parlamento. A voi oggi può sembrare improbabile, ma in quegli anni vi furono dibattiti molto interessanti, di grande rilievo per le prospettive del paese.

(Pietro Ingrao, 2011, conversazione con Maria Luisa Boccia e Alberto Olivetti, a un prezzo irrisorio il libro nato da queste conversazioni si può comprare qui)