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«Cucù, Equitalia non c’è più»

Ospite di In mezz’ora su Rai Tre intervistato da Lucia Annunziata (il video è quiMatteo Renzi ha salutato così l’abolizione di Equitalia: «Cucù, Equitalia non c’è più». Poi ha raccontato che la mossa della demolizione dell’odiata agenzia in realtà non c’entra nulla con il pressi referendum specificando che semplicemente crede che sia qualcosa che “andava fatto”.

Ora, al di là della vicenda Equitalia che in questi anni ha assunto proporzioni vergognose, va osservato come si sia sviluppata in tempi recenti (non solo per Renzi) una certa ritrosia a spiegare le ragioni politiche che stanno dietro a una riforma; non tanto gli effetti più o meno di pancia che possono avere sull’elettorato (c’è gente, molta gente, che crede riavere ricevuto in condono tombale di tutti i pagamenti arretrati, per dire) ma soprattutto la programmazione e la visione che stanno dietro a una scelta continuano a mancare e a non essere considerate importanti.

Sarebbe utile sapere, ad esempio, come la rinuncia a Equitalia si inserisca in una più ampia lotta all’evasione (ma anche se è sia prioritaria la lotta all’evasione) così come per la riforma costituzionale sarebbe utile ascoltare le modalità che saranno utilizzate per migliorare la classe politica nei prossimi anni poiché, vista la comunicazione, sembra evidente che Renzi e soci puntino molto sulla grettezza dei politici e quindi su una loro subitanea riduzione. Sarebbe utile sapere, ad esempio, come Renzi pensa di poter fare senza Alfano o Verdini nella prossima legislatura per avere una maggioranza che gli permetta di governare tenendo conto della perdita di voti del suo partito.

Ci piacerebbe sapere se la riduzione delle tasse prevede una diversa programmazione delle entrate di Stato (da dove e come) oppure una drastica riduzione della spesa pubblica (da dove e come). Ci si potrebbe interrogare su quali siano le previsione future del bilancio nazionale nei prossimi anni e da cosa derivi l’ottimismo renziano che gli consente di sognare un “grande opera” come il ponte di Messina e sarebbe curioso avere una risposta sulla riforma dei partiti che si renderebbe necessaria con l’istituzione dell’elezione indiretta per il Senato. E se davvero invece i senatori li sceglieranno i cittadini forse sarebbe il caso di chiarire come prima di andare a votare il referendum.

Pensandoci in realtà sarebbe opportuno avere il governo qualcuno che abbia presentato un programma elettorale per giudicarlo “nel merito”, tanto per citare una definizione tanto di moda. E invece niente: qui abbiamo un governo che è la nuvola di polvere che è riuscita ad alzarsi dalle macerie precedenti. Senza voto, senza campagna elettorale e soprattutto senza un programma. E sono quelli che vorrebbero cambiare la Costituzione. Per dire.

Buon lunedì.

(il mio buongiorno per Left, dal lunedì al venerdì, sul sito del settimanale qui)