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Cosa continua a succedere nella terra dei Sioux

(di Umberto Mazzantini per Greenreport, qui)

Il confronto tra le forze dell’ordine e le tribù indiane americane che protestano contro la controversa Dakota Access pipeline è diventato ancora una volta violento. Negli Usa sta facendo molto discutere l’attacco portato dnella tarda notte del 20 novembre dalla polizia, che ha bersagliato con cannoni ad acqua i manifestanti mentre le temperature erano scese parecchio sotto lo zero. I pellerossa e gli ambientalisti hanno riferito di essere stati attaccati anche con proiettili di gomma, gas lacrimogeni e spray al pepe.

Gli scontri sono iniziati quando i “water protectors” hanno tentato di utilizzare un autoarticolato per rimuovere due veicoli militari carbonizzati da un ponte, il Backwater Bridge sulla Highway 1806 , che servono a bloccare l’accesso al grande accampamento di protesta di Oceti Sakowin. La strada permetterebbe ai manifestanti di bloccare l’oleodotto e i cantieri accessibili più in basso sull’autostrada. Dopo i veicoli bruciati ci sono barriere stradali di cemento sormontate da filo spinato, dietro le quali sono schierate le forze dell’ordine affiancate dai vigilantes della compagnia petrolifera e ch impediscono di accedere alla strada che collega la Riserva indiana di Standing Rock Sioux alla città di Bismarck dove ci sono i servizi medici di emergenza. Lo sceriffo della contea di Morton, Kyle Kirchmeier, ribatte che i manifestanti sono stati «molto aggressivi» e che i cannoni ad acqua sono stati necessari perché i i “water protectors” stavano accendendo dei fuochi: «Il North Dakota department ha chiuso il Backwater Bridge a causa dei danni provocati dopo che i manifestanti hanno appiccato numerosi incendi sul ponte il 27 ottobre, inoltre, l’ U.S. Army corps of engineers e chiesto alla contea di Morton di impedire che i manifestanti da sconfinassero sul suo terreno a nord dell’accampamento»

Secondo Think Progress, «La rappresaglia della polizia ha provocato lesioni significative tra le centinaia di manifestanti» e diversi gruppi indigeni confermano: «Più persone sono svenute e sanguinavano dopo essere stato colpite alla testa da proiettili di gomma. Un membro del International indigenous youth council è stato colpito in un attacco con una granata flash. Un anziano in prima linea ha avuto un arresto cardiaco, ma medici gli hanno praticato un CPR e sono stati in grado di rianimarlo».

Linda Black Elk, dello Standing Rock medic and healer council, che ha soccorso i manifestanti feriti, ha detto a The Intercept che 300 persone sono state trattate per ferite subite, 26 delle quali sono state portate negli ospedali della zona e descrive così l’attacco con i cannoni ad acqua: «E’ avvenuto mentre la gente camminava nel buio di una notte d’inverno del North Dakota notte, alcuni di loro avevano freddo, e sono stati irrorati con l’acqua per così tanto tempo, che i loro vestiti si sono congelati sul loro corpo e scrocchiavano mentre camminavano. Così si poteva sentire questo scricchiolio e questo pop-pop-pop, e la gente urlava [alla polizia], “Noi pregheremo per voi! Vi vogliamo bene!”. Anche secondo la dottoressa e guaritrice la polizia non si è limitata a inondare di acqua gelata i manifestanti, ma ha anche sparato proiettili di gomma e gas lacrimogeni durante un confronto durato per più di sei ore: «Tutto d’un tratto c’erano questi riflettori luminosi e accecanti, così ci potevamo vedere l’un l’atro ma non potevamo vederli [i poliziotti]. Ogni tanto si poteva sentire qualcuno urlare che era stato colpito da un proiettile di gomma».

Si è saputo dell’attacco della polizia grazie a una nota del Medic and healer council, che, mentre gli scontri erano ancora in corso, ha supplicato la polizia di smetterla di usare cannoni ad acqua. «Come medici professionisti, siamo preoccupati per il rischio reale di perdita della vita a causa di una grave ipotermia in queste condizioni».

In una conferenza stampa il dipartimento dello sceriffo ha cecato di negare l’evidenza: «Non abbiamo cannoni ad acqua. Era solo una manichetta antincendio E’ stata spruzzata più come una nebbia e non volevamo farlo direttamente su di loro, ma abbiamo dovuto usarla come misura per aiutare a mantenere tutti al sicuro». L’intento dichiarato è quello di frazionare i gruppi di manifestanti che sono stati accusati anche di aver attaccato la polizia ferendo un agente con un proiettile. Ma i medici presenti sul campo dicono che i manifestanti erano disarmati e in gran parte non violenti. Il dipartimento dello sceriffo ha annunciato di aver chiesto ulteriore assistenza dalla forze dell’ordine in tutto lo Stato e che la pattuglia di confine starebbe partecipando alle azioni repressive contro gli indiani

Noah Morris, un altro medico presente sulla scena degli scontri, smentisce lo sceriffo: «Con il loro cannone ad acqua, sparavano solo getti verso il basso, verso le persone, cosa che è continuata per tutte le 4 ore in cui sono stato ad assistere. Già all’inizio della settimana scorsa, i fiumi e torrenti nelle vicinanze avevano cominciato a fare una crosta di ghiaccio». Mentre Morris e il suo team curavano la gente colpita dai gas lacrimogeni, l’acqua e i liquidi urticanti utilizzati della polizia a terra si trasformavano in ghiaccio. Il medico riferisce di diverse persone colpite alla testa con pallottole di gomma o brutalmente manganellate. In una dichiarazione, il Medic and healer council dice che una donna indiana stata ferita ad un occhio da un proiettile di gomma, mentre una 21enne di New York, Sophia Wilansky, il 21 novembre ha subito un intervento chirurgico a un braccio gravemente ferito da una granata stordente che le ha provocato anche una commozione cerebrale, Secondo il padre della ragazza, Wayne Wilansky, , Sophia avrà bisogno di diversi interventi chirurgici per riacquistare l’uso del braccio e della mano: la granata gli ha portato via tutti i muscoli tra il gomito e il polso sono svanite: «Ogni giorno, per il prossimo futuro, avrà paura di perdere il braccio e la mano».

Ma, in una dichiarazione al Los Angeles Times, il dipartimento dello sceriffo ha negato anche l’uso di granate assordanti e ha ipotizzato che la ragazza sia stata ferita da esplosivi sarebbero stati utilizzati dai manifestanti. Il Medic and healer council ribatte: «Queste dichiarazioni sono confutate dalla testimonianza di Sophia, da diversi testimoni oculari che hanno visto la polizia lanciare granate addosso a persone disarmate, dalla mancanza di carbonizzazione della carne nell’area della ferita e dai pezzi di granata che sono stati rimossi dal suo braccio in chirurgia e verranno conservati per i procedimenti giudiziari».

Alcuni dei feriti sono stati trasportati al campo di Oceti Sakowin, dove sono stati trattati all’interno di strutture riscaldate. Altri manifestanti sono stati portati in una vicina palestra, dove i medici hanno tentato di far salire la loro temperatura corporea avvolgendoli con coperte e somministrando loro bevande calde.

Black Elk, una sioux della riserva di Standing Rock, un’etnobotanica e insegnate al Sitting Bull College che partecipa alla lotta contro l’oleodotto fin da febbraio, , che fa da facilitatore culturale per il Medic and healer council, ha detto che in questi mesi ha visto le reazioni della polizia alle proteste diventare «progressivamente più militanti, più violente». Quest’estate i poliziotti dissetavano i manifestanti incatenati sotto il sole alle macchine per il movimento terra, ora li attaccano brutalmente con cannoni ad acqua e pallottole di gomma, lacrimogeni e granate assordanti sparate ad altezza d’uomo.

Jesse Lopez, un chirurgo di Kansas City che va spesso in North Dakota a sostenere il Medic and healer council, ha detto a The Intercept: «Ci troviamo di nuovo in uno stato di incredulità. Forse potevo crede di vedere spray al peperoncino, forse proiettili di gomma, forse i gas lacrimogeni… ma i cannoni ad acqua? Tutto questo viene fatto per infliggere intenzionalmente gravi, danni che mettono in pericolo la vita».

Amnesty International Usa ha inviato un gruppo di osservatori per monitorare la risposta delle forze dell’ordine alle proteste di ottobre e si dice «Profondamente preoccupata per quello che abbiamo sentito durante la nostra precedente visita a Standing Rock e ciò che ci è stato segnalato»

Anche l’Onu sta indagando sulle segnalazioni di violazioni dei diritti umani contro i manifestanti nativi americani. Roberto Borrero, dell’International indian treaty council, ha detto alla Reuters: «Se si guarda a ciò che le norme internazionali dicono per il trattamento di persone e si è in un posto come gli Stati Uniti, è davvero sorprendente sentire alcune di queste testimonianze. Molti hanno sollevato preoccupazioni riguardo all’eccessivo uso della forza, agli arresti illegali e ai maltrattamenti in carcere, dove alcuni attivisti sono stati tenuti in gabbie».

Victoria Tauli-Corpuz relatrice speciale dell’Onu per i diritti dei popoli indigeni, dice che «I manifestanti sono nell’ambito dei loro diritti. Quello che mi preoccupa di più è il trattamento disumano contro i water protectors. Penso che abbiano il diritto di riunirsi e di esprimere le loro opinioni. Le azioni intraprese dalla polizia sono ingiustificate. E’ qualcosa che non si deve fare, perché questi sono i loro diritti legittimi».

La lotta di Standing Rock è ormai diventata internazionale: è sostenuta dai popoli autoctoni dall’Australia alle Filippine e Tauli-Corpuz a spiega che «Questa è un’esperienza molto comune per le popolazioni indigene. Il razzismo e la discriminazione è davvero qualcosa che sperimentano ogni giorno. Questo include l’imposizione di un cosiddetto progetto di sviluppo sul proprio territorio senza chiedere la loro consulenza o tener conto delle loro preoccupazioni. Alla fine, i nativi americani saranno quelli che devono affrontare eventuali impatti ambientali del progetto. Nulla è stato fatto per questi tipi di ingiustizie».

Il presidente Usa Barack Obama ha detto che le terre sacre di Sioux dovrebbero essere rispettate e l’oleodotto spostato dal percorso previsto. Ma nel Noth Dakota è già inverno e i manifestanti dovranno affrontare il gelo mentre alla Casa Bianca arriverà Donald Trump, che non ha nessuna simpatia per le minoranze etniche, soprattutto se si oppongono ai progetti petroliferi.

Ma nonostante l’uso di metodi repressivi sempre più pesanti, nonostante la vittoria di Trump, la tribù Sioux Standing Rock, insieme ad altre tribù di indiani americani e manifestanti ambientalisti e di sinistra provenienti da tutto il Paese, resta salda nella sua opposizione all’oleodotto da 3,8 miliardi di dollari che dovrebbe collegare il North Dakota all’Illinois passando sulle terre sacre Sioux e mettendo in pericolo l’approvvigionamento idrico della tribù di Standing Rock e di milioni di americani.

Tauli-Corpuz spera di recarsi in North Dakota per parlare con i manifestanti e le compagnie petrolifere ed è convinta che «Il dialogo tra le due parti potrebbe fornire una soluzione. Sono un ottimista e spero che questo accadrà».