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‘Ndrangheta, il pentito Patania: «Ho assoldato io i killer per uccidere Scrugli»

Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi, i killer venuti dall’ex Jugoslavia, sono stati assoldati da Giuseppe Patania per vendicare la morte del padre, Fortunato Patania, e uccidere Francesco Scrugli, esponente di spicco dei “Piscopisani” ed indicato come uno dei responsabili di quell’agguato. E’ questo l’aspetto principale emerso nel corso dell’udienza del processo antimafia denominato “Romanzo criminale” contro il clan dei Patania di Stefanaconi.

La confessione. Giuseppe Patania, detto Pino, ha risposto alle domande del pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Andrea Mancuso, autoaccusandosi di aver assoldato i due killer macedoni per compiere l’omicidio di Francesco Scrugli avvenuto nel marzo del 2012 a Vibo Marina. “Ho assoldato Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi – ha sostenuto – per uccidere Scrugli. Un omicidio che ho organizzato insieme a Daniele Bono. La mia famiglia e i miei fratelli non erano al corrente”. Oltre al collaboratore di giustizia Daniele Bono, nella sua confessione, Giuseppe Patania ha anche chiamato in causa un altro killer, il sardo Mauro Uras. Secondo quanto dichiarato, Patania avrebbe quindi agito per vendicare l’omicidio di suo padre. “Ero lì, al distributore di benzina, nella Vallata del Mesima, quel giorno che hanno ammazzato mio padre e tra i killer ho riconosciuto Scrugli”. Pino Patania ha quindi dichiarato di essersi recato personalmente a Roma per prendere i due killer e portarli in Calabria. A loro avrebbe quindi consegnato le armi, una pistola calibro 9 ed una calibro 45. “Sono stato io ad andare a prendere i due killer a Roma ed ho consegnato loro 10 mila euro la mattina dopo l’omicidio”

Killer-pentiti. Che i Patania avessero assoldato i killer venuti dall’ex Jugoslavia per sparare contro i “Piscopisani” nell’ambito della cruenta faida che ha insanguinato il Vibonese a cavallo tra il 2011 ed il 2012, era un fatto già noto. Il particolare era emerso, infatti, nel corso delle deposizioni di Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi che oggi sono collaboratori di giustizia e che da pentiti hanno raccontato la faida e gli omicidi commessi nei minimi dettagli. Nel corso del loro esame si è appreso che i Patania avrebbero promesso ai due killer-pentiti sino a 10mila euro per compiere gli agguati nel Vibonese contro il clan dei Piscopisani e altri gruppi mafiosi di Stefanaconi. Fatti di sangue commessi nel 2012 anche con carabine di precisione piazzate in un immobile a pochi metri dalla Questura di Vibo Valentia.
L’esame di Salvatore e Nazzareno Patania. Nell’udienza di oggi, oltre a Giuseppe Patania, hanno chiesto ed ottenuto di essere sottoposti ad esame da parte del pm Andrea Mancuso anche gli altri due suoi fratelli, Salvatore e Nazzareno Patania. Dalla loro deposizione è emerso in particolare il rapporto difficile che entrambi avevano con la collaboratrice di giustizia Loredana Patania. “E’ mia cugina – ha detto Salvatore Patania in aula – ma non ho mai avuto un bel rapporto con lei e non mi sono mai interessato di lei, neanche dopo l’omicidio di suo marito, Giuseppe Matina”. Sulla stessa posizione il fratello Nazzareno che, al contrario di Salvatore, ha confermato la presenza della collaboratrice di giustizia a casa della madre dei Patania, Giuseppina Iacopetta, dopo l’agguato che costò la vita a Matina. “E’ stata a casa di mia madre per dieci o quindici giorni”.  I rapporti con Loredana Patania non erano buoni. “Non mi piaceva il suo carattere – ha affermato Nazzareno Patania – e per questo non siamo andati neanche al suo matrimonio”. E che la pentita avesse frequentato per un periodo la casa di Giuseppina Iacopetta è stato confermato in aula da Pino Patania. “Dopo l’omicidio – ha spiegato – è rimasta a casa mia per una decina di giorni, poi io sono partito per portare il fratello a Milano e quando sono rientrato lei era a casa di mia madre dove è rimasta per altri dieci o quindici giorni prima di ripartire per la Lombardia”.
Gli imputati. Ad essere accusati del reato di associazione mafiosa sono: Giuseppina Iacopetta, ritenuta al vertice della cosca dopo l’uccisione del marito, Fortunato Patania, freddato nel settembre 2011 durante la faida con i Piscopisani; i figli Salvatore, Saverio, Giuseppe, Nazzareno e Bruno Patania; Andrea Patania; Cosimo e Caterina Caglioti; Nicola Figliuzzi; Cristian Loielo; Alessandro Bartalotta; Francesco Lo Preiato; Ilya Krastev. L’ex maresciallo dei carabinieri, già alla guida della Stazione di Sant’Onofrio, Sebastiano Cannizzaro, è invece accusato di falso e concorso esterno in associazione mafiosa. Tale ultimo reato viene contestato anche a don Salvatore Santaguida, parroco di  Stefanaconi.

 

(Mimmo Famularo per Zoom24)