“Sono veramente felice oggi per la mia famiglia perché nel pomeriggio alla caserma di Bivona mi notificano il rientro nel programma di protezione”. Ignazio Cutrò da oggi tornerà ad essere a tutti gli effetti un testimone di giustizia. Il Tar del Lazio ha accolto il suo ricorso per l’annullamento della delibera adottata ad ottobre dalla Commissione Centrale. Fino a ieri, da poco più di tre mesi infatti, Ignazio Cutrò non era più formalmente un testimone di giustizia perché non erano state prorogate le speciali misure di protezione nei suoi confronti e del suo nucleo familiare. Un fatto che aveva scosso a tal punto Cutrò che era stato colto da un malore appena venuto a conoscenza della decisione della Commissione del Ministero dell’Interno . Oggi può finalmente tirare un sospiro di sollievo, dopo mesi insonni di ansie e timori per l’incolumità dei famigliari. “Ho creduto e continuo a credere nella giustizia e oggi abbiamo avuto prova che si può fare – ha detto l’ex imprenditore di Bivona contento – non ho rancori verso nessuno ma rimarco che la lotta alla mafia è una lotta di tutti e la dobbiamo fare assieme!”.
Nelle motivazioni del Ministero dell’Interno per la mancata proroga delle misure speciali di protezione, ci sarebbe stato anche un riferimento alle manifestazioni e proteste di Cutrò contro il malfunzionamento del sistema di protezione e quindi il Ministero. “Se io mi sono scatenato o lamentato in tutti questi anni che il nostro sistema non è mai stato applicato in toto, per questioni logistiche o altro, l’ho fatto solo al fin di bene – ha spiegato oggi Cutrò – l’ho fatto anche per chi non poteva parlare perché in località segreta”.
E’ l’Ignazio Cutrò di sempre a parlare oggi, il presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia deciso e pronto ad impegnarsi assieme agli altri testimoni di giustizia per far vale i diritti di tutti e continuare la lotta quotidiana alla mafia.
“Con l’associazione siamo riusciti a portare a termine due importanti leggi ed ora molti testimoni sono stati impiegati in un lavoro pubblico e cominciano ad avere una vita normale, noi chiediamo solo questo”. E ancora “Anche se dai vertici ci hanno detto che diamo fastidio noi continueremo sulla nostra linea perché lo Stato siamo noi cittadini e chiedo al Ministero di poter collaborare spalla spalla perché io non sento che lo Stato è mio nemico ma io non devo essere un nemico per lo Stato”.
Da circa un anno Cutrò lavora come impiegato pubblico a Bivona ma è stato costretto a veder fallire la sua azienda edile. Per molti anni Cutrò è riuscito a resistere al fallimento ed ai danni provocati dalla sua scelta e forse ce l’avrebbe fatta se fossero state applicate delle perizie redatte ancora nel 2012 dal Viminale stesso.
Ed è la voce di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo e fondatore del movimento Agende rosse, a ricordare l’importanza di sostenere i testimoni di giustizia nella propria terra: “Non posso che essere felice di questa notizia ma non basta – ha scritto Salvatore Borsellino sul suo profilo Facebook – bisognerebbe che ad Ignazio, così come a tanti altri, fosse permesso di fare l’imprenditore nella sua terra, così come avveniva prima della sua coraggiosa scelta di denunciare e fare processare i suoi estorsori”.
(fonte: Antimafiaduemila)