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Chi smentisce Renzi? L’ISTAT

(Andrea Del Monaco per HP)

Perché non credere a Matteo Renzi? Lo dice l’Istat.
Nel 2016 abbiamo pagato 17 miliardi di tasse in più che con Monti, 50 miliardi in più che con Berlusconi.
Il rapporto Debito/PIl continua a salire: dal 129% nel 2013 al 132,6% nel 2016.
Renzi, come Monti e Letta, ha continuato la riduzione del deficit (e degli investimenti) per raggiungere il pareggio di bilancio.
La pressione fiscale sale e poi scende di poco:
41,6% nel 2010
43,6% nel 2013
43,3% nel 2015
42,9% nel 2016
I redditi da lavoro dipendente scendono da 169,6 miliardi nel 2011 a 161,9 miliardi nel 2015.

Secondo Matteo Renzi “ci sono stati premier che andavano in Europa con la giustificazione, come a scuola, premier tecnici animati da sentimento antipatriottico e antitaliano”. Secondo i dati dell’Istat anche Renzi è andato in Europa con la giustificazione: l’austerità europea impone l’aumento delle entrate.

Per Tomaso Montanari non si può credere a Matteo Renzi. Vediamo perché: con il suo Governo nel 2016, rispetto al 2014, abbiamo pagato più tasse, imposte e contributi speciali per 14,69 miliardi. 17 miliardi in più rispetto al 2013. 36 miliardi in più rispetto al 2011. Il prelievo fiscale, ovvero la somma in termini assoluti di tasse, imposte e contributi speciali, è aumentato costantemente: 667,6 miliardi nel 2010, 681 miliardi nel 2011, 700 miliardi nel 2013, 702,59 miliardi nel 2014, 713 miliardi nel 2015, 717,28 miliardi nel 2016. Che significa? Che con la sua manovra del 2015, nel 2016 Matteo Renzi ci ha fatto pagare 14 miliardi di tasse e imposte in più di Enrico Letta, 17 miliardi in più di Mario Monti, 50 miliardi in più di Berlusconi nel 2010.

L’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi dovrebbe rammentarlo quando ripete di aver abbassato le tasse. E anche quando dice: “Se non fossi stato anche segretario del Pd, non avrei vinto sulla flessibilità: è successo perché dietro avevo il consenso al 41 per cento!”. Purtroppo la flessibilità sul deficit è una briciola: poiché ci siamo impegnati con Bruxelles alla riduzione progressiva del deficit strutturale di bilancio fino al suo azzeramento nel 2019 (il pareggio di bilancio) Matteo Renzi spaccia per flessibilità una minore riduzione del deficit rispetto a quanto chiesto da Bruxelles.

L’1 marzo 2017 l’Istat ha pubblicato il Report su PIL e indebitamento. La tabella riporta i dati dal 2010 estratti da tale documento e dal Report analogo del 2 marzo 2015. Il Governo Renzi ha continuato le politiche di austerità iniziate da Berlusconi nel 2010 perché non ha cambiato il pacchetto normativo architrave dell’austerità (l’Italia nel 2011-2013 redige e poi sottoscrive con Monti il Two Pack, il Six Pack e il Fiscal Compact).

Osserviamo cosa è successo ricordando una cosa: i dati di un anno sono la conseguenza del ciclo economico dell’anno stesso e della manovra effettuata dal governo nell’anno precedente. Così i dati del 2010 sono la conseguenza del ciclo economico del 2010 e della manovra del governo Berlusconi dell’anno 2009.

1) Il Governo Renzi riduce l’indebitamento netto più dei suoi predecessori: lo deve fare perché l’Italia, dopo l’uscita dalla Procedura per disavanzi eccessivi, si è impegnata a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2019. Importante: riducendo il deficit tagliamo gli investimenti e ci avvitiamo nella crisi.
Nel 2010 il Pil sale dell’1,7% e il deficit netto è del 4,2% del Pil.
Nel 2011 il Pil sale dello 0,6% e il deficit netto scende al 3,5% del Pil.
Nel 2012, anno peggiore della crisi internazionale, il Pil crolla del 2,8% e il deficit netto si riduce al 2,9%.
Nel 2013, dopo la manovra di Monti del 2012, il Pil cala ancora dell’1,7% e il deficit netto rimane al 2,9% del Pil.
Nel 2014, dopo la manovra di Letta nel 2013, il Pil sale solo dello 0,1% e il deficit netto è al 3% del Pil.
Nel 2015, dopo la manovra di Renzi nel 2014 e grazie alla ripresa del Pil mondiale, il Pil italiano sale dello 0,8% e il deficit netto scende al 2,7%.
Nel 2016, dopo la manovra di Renzi nel 2015 e la continua ripresa del Pil mondiale, il Pil italiano sale solo dello 0,9% e il deficit netto si riduce al 2,4% del Pil.
Quindi Renzi è stato più austero di Monti sul deficit.

2) Il Governo Renzi aumenta il prelievo fiscale come tutti i suoi predecessori; aumenta la pressione fiscale rispetto a quella dell’ultimo Berlusconi e la riduce di poco rispetto a quella di Enrico Letta. Vediamo dopo la manovra di Berlusconi nel 2009 cosa è successo:
Nel 2010 la pressione fiscale è al 41,6% e abbiamo pagato complessivamente 667,6 miliardi tra tasse, imposte e contributi speciali (il prelievo fiscale).
Nel 2011, dopo la manovra di Berlusconi, la pressione fiscale rimane al 41,6% e il prelievo fiscale sale a 681,2 miliardi.
Nel 2012 la pressione fiscale è salita di due punti percentuali al 43,6%, e addirittura abbiamo versato allo Stato 703,86 miliardi: il prelievo è aumentato di 22 miliardi (ricordate l’Imu?).
Nel 2013, dopo la manovra del Governo Monti, la pressione fiscale è rimasta stabile al 43,6% e il prelievo fiscale è sceso a 700 miliardi.
Nel 2014, dopo la manovra di Enrico Letta, la pressione fiscale scende dello 0,3% al 43,3% e il prelievo fiscale sale a 702,59 miliardi.
Nel 2015, dopo la manovra del Governo Renzi, la pressione fiscale rimane la stessa del governo Letta, il 43,3%, e il prelievo fiscale balza di 10,5 miliardi arrivando a 713,1 miliardi.
Nel 2016, dopo la manovra Renzi del 2015, la pressione fiscale scende dal 43,3% al 42,9% e il prelievo fiscale sale a 717,2 miliardi.
In conclusione, da Monti (secondo Renzi antipatriottico) all’ultimo Renzi 17 miliardi di tasse e imposte in più.

3) L’aumento del prelievo fiscale colpisce maggiormente i lavoratori dipendenti il cui reddito cala. Gli ottimisti che avversano i gufi diranno: il PIL sale degli zero virgola, e, seppur di poco, la pressione fiscale dal 43,3% di Letta scende al 42,9% nel 2016. Vero! Ma la pressione fiscale scende per chi? Per Flavio Briatore? O per l’operaio? Per la segretaria d’azienda o per il professionista titolare di un grande studio? Purtroppo sia il dato della pressione fiscale sia il dato del Pil comprendono tutti contribuenti e non esiste un’analisi differenziata per classi economiche e classi sociali. Può essere interessante vedere i redditi da lavoro dipendente; essi scendono costantemente di alcuni miliardi dal 2010.
Nel 2011 erano pari a 169,6 miliardi.
Nel 2012 scendono a 166,1 miliardi, nel 2013 calano a 164,7 miliardi.
Nel 2014 scendono ancora a 163,4 miliardi.
Nel 2015 calano ancora a 161,9 miliardi.
Purtroppo non sono presenti i dati del 2010 e del 2016. Urge una banale considerazione su cosa accade dal 2011 al 2015: la pressione fiscale sale dal 41,6% al 43,3% e il prelievo fiscale da 681 a 713 miliardi; i redditi da lavoro dipendente scendono da 169,6 a 161,9 miliardi. Quindi, i lavoratori dipendenti, in cinque anni, con un reddito che scende e la pressione fiscale che sale, hanno sentito duramente il peso dell’austerità.

4) L’11 ottobre 2016 Renzi su Rai 3 nella trasmissione Politics aveva assicurato che il rapporto Debito/PIL sarebbe diminuito nel 2016. Al contrario è salito.
Vediamo i dati:
Nel 2010 il rapporto Debito/PIL era al 115,3%, nel 2011 è sale al 116,4%, nel 2012 balza al 123,3%, nel 2013 aumenta ancora al 129%, nel 2014 sale al 131,8%, nel 2015 arriva al 132% e nel 2016 aumenta ancora al 132,6%.
La previsione di Renzi era impossibile da verificarsi in quanto le regole dell’austerità sono rimaste uguali: poiché dobbiamo azzerare il deficit, tagliamo gli investimenti e il nostro Pil cresce poco trainato solo dalla crescita mondiale. E quindi quel rapporto è destinato ad aumentare. Renzi e Padoan si sarebbero dovuti ricordare Keynes: al contrario hanno perseguito il consolidamento fiscale per obbedire al mercantilismo della Merkel. In conclusione Monti e Letta hanno perseguito le politiche di austerità rivendicando l’obbedienza al Fiscal Compact. Renzi ha continuato le stesse politiche e ha dichiarato di combattere l’austerità.

istat