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Cosa sta succedendo con le ONG che salvano vite nel Mediterraneo

C’è mare mosso. Come si poteva immaginare. Ora sotto attacco sono finite le ONG che si occupano di salvare le vite nel Mediterraneo; serve sempre qual è cunicolo per versarci dentro un dubbio e giustificare il razzismo. Come la storia dei 35 euro a al giorno (falsa), degli attentatori che arrivano sui barconi (falsa) e tutte le altre sparate che i Salvini di turno (e questa volta ci si mette anche Grillo) lanciano per rimestare nel torbido, giusto per il tempo in cui ci abbocca qualcuno e poi si seccano.

La vicenda di queste ore la spiega magnificamente Annalisa Camilli su Internazionale:

Giuristi come Fulvio Vassallo Paleologo e Dario Belluccio hanno spiegato che nei soccorsi in mare viene applicata la convenzione di Amburgo del 1979 secondo cui lo sbarco deve avvenire in un “porto sicuro” anche dal punto di vista dei diritti che vengono garantiti alla persona soccorsa, non solo nel porto più vicino. Vassallo Paleologo spiega che il porto dove sbarcare i migranti deve essere scelto in base “alla possibilità di richiedere asilo e di ottenere un’accoglienza dignitosa”. Per questo la Tunisia non può essere ritenuto un paese sicuro. L’avvocato Belluccio dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione ricorda che in Italia e in Europa le normative puniscono chi favorisce l’immigrazione illegale, ma che nel caso dei salvataggi la priorità è “il soccorso della vita umana” e il diritto del mare “obbliga ai soccorsi”. Nella sua audizione davanti alla commissione del senato il generale della guardia costiera Stefano Screpanti ha spiegato che per la convenzione di Amburgo il soccorso in mare spetta allo stato più vicino. Ma nel caso della Libia, la guardia costiera del paese non risponde alle chiamate di soccorso e per questo la responsabilità del soccorso spetta a chi ha ricevuto la richiesta di aiuto, quindi all’Italia. Per le autorità italiane non è una scelta intervenire: è un obbligo dettato dalle leggi internazionali.

Tutti gli operatori delle ong assicurano di essere coordinati dalla centrale operativa della guardia costiera di Roma e di ricevere indicazioni precise sul porto di sbarco direttamente dal ministero dell’interno. “L’accusa di un coordinamento con i trafficanti è infondata per il semplice motivo che seguiamo alla lettera le indicazioni che ci vengono fornite dalla guardia costiera e dal ministero dell’interno e siamo tenuti a comunicare alle autorità tutti gli spostamenti e salvataggi che facciamo”, spiega Riccardo Gatti di Proactiva open arms.

Riguardo all’accusa che le ong intralcino il lavoro della autorità italiane, la ministra della difesa Roberta Pinotti, rispondendo a un’interrogazione alla camera dei deputati ha detto: “Non abbiamo evidenza di manovre o attività a opera di natanti delle ong che abbiano costituito intralcio allo svolgimento delle operazioni della marina militare italiana”.

L’articolo (lungo, perché la complessità ha bisogno di studio, tempo e attenzione) è qui.

Buona lettura.