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«Ci serve un pentito di Stato, un Presidente della Repubblica, un uomo dei servizi segreti o un Generale»: parla Attilio Bolzoni

Un’intervista da leggere ad Attilio Bolzoni. Eccone uno stralcio:

“La mafia non sarebbe mafia se non avesse dei complici dentro gli apparati. Il libro è di 30 anni fa e racconta di processi aggiustati e il simbolo di questi processi aggiustati è quello che riguarda l’uccisione del Capitano Basile. E’ il processo più tormentato della storia giudiziaria per quanto riguarda la mafia. Hanno provato a condizionarlo e ad aggiustarlo da dentro il palazzo di giustizia in tutti i modi ma non ci sono riusciti. Prima dell’era Falcone, i processi a Palermo si trattavano nei corridoi, nei villini a mare…non si discutevano nelle aule di giustizia. I mafiosi stavano in carcere pochi mesi o pochi anni, ma sapevano che dovevano uscire. Dopo l’arrivo di Falcone e Borsellino, avviene una rivoluzione e si ristabiliscono le regole. Si è scoperto che un pezzo di magistratura era complice. All’epoca però, era molto più evidente la complicità del potere, oggi è molto più subdola e meno riconoscibile. Un’antimafia legata al potere ad esempio, non è una vera antimafia. Si parla dell’isolamento di Di Matteo, non posso dimenticare, un paio d’anni fa, il vecchio CSM è andato a Palermo e il vice presidente non ha stretto la mano a Di Matteo. E’ stato un bruttissimo segnale. Di Matteo non è un buon magistrato perché indaga sulla trattativa o non è un buon magistrato in assoluto? Il vice presidente che dichiara – il protocollo mi impedisce di incontrare Di Matteo – indica un atteggiamento ambiguo.”

– La negazione della trattativa Stato-mafia ha raccolto molti consensi, almeno quanto oggi la giustificazione della stessa. Maria Falcone, ad esempio, ha dichiarato “Se trattativa c’è stata, non credo che si sono voluti salvare i potenti, ma che si sia cercato di proteggere la sicurezza italiana”. Eppure c’è una sentenza che ne prova l’esistenza. La trattativa c’è stata. Ma l’oggetto dell’accordo qual é stato secondo lei? Lunghe latitanze e mancata perquisizione del covo di Riina per cominciare?

“Ci sono verità indicibili. Gli Stati, non solo l’Italia, hanno sempre trattato con le classi pericolose. Non sono corpi fuori dalla società. La trattativa c’e’ stata prima, durante e dopo le stragi che poi questa abbia rilevanza penale o meno non è fondamentale. Il negazionismo va molto di moda, ad esempio – Roma mafia capitale – è altrettanto evidente che ci sono organizzazioni mafiose radicate da decenni a Roma ma la maggior parte degli osservatori e della popolazione ne nega l’esistenza. Io ho seguito molto il processo di mafia capitale, sono andato in aula a Rebibbia e c’erano degli imputati, un famosissimo commercialista e un famosissimo consigliere comunale del PD, che si chiedevano – ma noi che ci facciamo qui? – non si rendevano nemmeno conto del perché fossero li. Non bluffano. E’ tanto fradicio il tessuto sociale e politico della Capitale che non si rendevano conto delle ragioni per le quali erano li insieme al nero Carminati, un signore, che per 18 anni è rimasto libero e in un Paese civile, un personaggio come Carminati non può rimanere libero ma anche li, siamo nelle zone di confine dove non sai mai chi è guardia e chi è ladro. Roma come Palermo. Gli stessi contesti.”

– La parola antimafia, crea molti imbarazzi ultimamente. Ma è necessaria questa etichetta per dimostrarsi ostili all’azione mafiosa?

“L’antimafia c’è sempre stata anche quando non si chiamava antimafia. L’antimafia moderna nasce subito dopo il delitto Dalla Chiesa e si è allargata estesa e diffusa dopo le stragi del 92. Io credo che abbia avuto una funzione veramente importante l’antimafia sociale in Italia fino a qualche anno fa ma poi, c’è stata una degenerazione dello spirito originario. Bisogna fare una distinzione tra la mafia che si traveste da antimafia, tra dei sistemi imprenditoriali mafiosi che occupano potere e l’antimafia che è degenerata. E’ vero che ci sono dei cerchi che mettono in relazioni queste tre realtà, però bisogna distinguerle. C’è l’antimafia dei finanziamenti pubblici da centinaia di migliaia di euro e l’antimafia dei funzionari delle grandi associazioni che provengono da un sottobosco politico. Bisognerebbe fare un esperimento : togliere per un paio d’anni un bel po di finanziamenti alle associazioni antimafia e assisteremmo ad un fuggi fuggi generale.

In alcuni casi, c’è la complicità del ministero degli Interni che concede finanziamenti esorbitanti per dei progetti che, vien da chiedersi, saranno andati a buon fine con tutti i milioni stanziati ? Ho conosciuto un signore di Avviso Pubblico, che gira l’Italia battendo cassa alle amministrazioni per organizzare convegni con partecipanti zero. Sono personaggi improbabili che si improvvisano esperti di mafia, che parlano di legalità e che vanno in giro per l’Italia a proporre pittoreschi kit per la legalità. Ma intorno alla maggior parte di queste realtà c’è solo un obiettivo, rastrellare denaro pubblico. Bisogna chiudere i cordoni della borsa. Poi c’è un’antimafia sociale che è ostile ad ogni dialogo, alcune realtà sembrano sette, appena uno le critica viene accusato di essere mafioso. Io non ne posso più di questi predicatori della legalità, imbonitori e saltimbanchi. Hanno messo su un circo. E a proposito dei predicatori della legalità, è molto grande la distanza tra quello che urlano nelle piazze e quello che in realtà fanno.
Un altro tema interessante è quello delle costituzioni di parti civile: quando un’associazione accompagna un commerciante, un imprenditore che denuncia la mafia lungo tutto il percorso – lo porta dalla polizia, dal magistrato, lo convince a collaborare – è giustissimo che si costituisca parte civile perché ha partecipato al percorso che porta al processo. Ma questo baraccone delle parti civili che c’è oggi in Italia è scandaloso.

Mi viene in mente un’associazione a Marsala che si chiama Paolo Borsellino, è formata da un solo avvocato che non fa nulla tutto l’anno, ma ha pensato bene di costituirsi parte civile al processo Aemilia e per questo ha ricevuto un risarcimento. C’è poi il caso di un comune sciolto per mafia – come quello di Brescello – che ha perfino ricevuto un indennizzo dopo la costituzione di parte civile al processo Aemilia. A questo punto credo che bisogna ridimensionare i finanziamenti alle associazioni antimafia perché sono emerse troppo vergogne.”

(la trovate qui)