Vai al contenuto

Perché ha ragione il TAR e non Franceschini

(lo scrive Rocco Todero per Il Foglio. Il Foglio eh)

E’ comprensibile l’amarezza con la quale il Ministro Franceschini ha accolto la decisione del Tar del Lazio di annullare le procedure selettive per la nomina di 5 complessi museali italiani. Chi si pone al vertice della direzione politica di un ramo dell’amministrazione statale ha tutto l’interesse a coltivare il concreto raggiungimento di obiettivi pratici che preludano alla migliore erogazione delle prestazioni della pubblica amministrazione ai cittadini ed ai fruitori dei servizi culturali nel caso specifico. E’ naturale che dopo molto lavoro, articolatosi in un procedimento amministrativo di selezione durato più di due anni, scoprire di dover ricominciare da capo (a fine legislatura) sia una sorpresa che non si possa accogliere col sorriso sulle labbra.

Corrisponde a verità l’affermazione del TAR del Lazio secondo la quale è principio pacifico che le selezioni comparative per l’accesso al pubblico impiego nella amministrazione italiana debbano di necessità svolgersi “a porte aperte”? Perché, dunque, i colloqui per la selezione dei direttori dei musei si sono svolti senza consentire ad alcuno di potere assistere? Vi è qualche principio derogatorio o ragione eccezionale che possa giustificare la condotta della pubblica amministrazione nel coso specifico?

Corrisponde a verità l’affermazione del TAR del Lazio secondo la quale ai sensi dell’articolo 38 del testo unico sul pubblico impiego “I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”? Può la predetta disposizione essere immotivatamente derogata per consentire a cittadini stranieri di assumere l’ufficio di dirigente del museo che presuppone l’esercizio di poteri pubblici? Può un Tribunale della Repubblica soprassedere sull’applicazione di una norma di legge ancora vigente?

Corrisponde a verità l’affermazione del TAR del Lazio secondo la quale il punteggio numerico con il quale sono stati giudicati i concorrenti alla selezione pubblica deve essere ricondotto ai criteri predeterminati dalla stessa commissione giudicatrice e non può essere svincolato del tutto dal riferimento alle predette linee guida?

Una riflessione più serena, forse, potrebbe indurre il Ministro dei Beni Culturali a trarre due conclusioni: a) le procedure per la selezione dei direttori dei musei italiani non sono state in grado di dimostrare, oggettivamente, che la scelta sia caduta sui migliori candidati; b) le procedure per la selezione dello staff e dei collaboratori del Ministro Franceschini nemmeno.