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Mafia: il disegno della figlia del boss incastra gli assasini

Aveva sette anni, sognava di diventare una ballerina. La sera del 26 ottobre 2000, stava tornando a casa con il suo papà, dopo la lezione di danza. All’improvviso, un posto di blocco. Un uomo che indossava una pettorina con la scritta polizia alzò una paletta e disse: “Deve venire con noi”. Il padre capì: “Non fate del male alla bambina – sussurrò – vi seguo”. E sparirono nel buio di una strada di campagna. Mezz’ora dopo, la bambina stava già disegnando in una caserma dei carabinieri quella scena: l’uomo con la paletta e la pettorina della polizia accanto a tre uomini. Non erano poliziotti, ma killer della mafia inviati a sequestrare il padre della piccola, il mafioso Giampiero Tocco, entrarono in azione a Torretta, alle porte di Palermo.

Diciassette anni dopo, hanno un nome gli assassini: i carabinieri del nucleo Investigativo di Palermo hanno fatto scattare un blitz per quattro persone. Quattro, proprio come diceva il disegno della bambina, che è diventato uno straordinario riscontro alle dichiarazioni dell’ultimo pentito di mafia, Antonino Pipitone. Quattro e non tre, come aveva detto un altro collaboratore di giustizia. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip Fabrizio La Cascia. Le indagini dei sostituti procuratori Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise accusano adesso Salvatore Gregoli, Giovanbattista e Vincenzo Pipitone, poi anche Freddy Gallina, fermato negli Stati Uniti dall’Fbi per immigrazione clandestina, è già scattato il provvedimento di espulsione verso l’Italia.

“Toco era sospettato di avere avuto  un ruolo nell’omicidio di Peppone Di Maggio”, ha spiegato l’ultimo pentito di mafia. “Prima di essere ucciso, fu interrogato dal boss Salvatore Lo Piccolo, che insisteva per sapere chi avesse organizzato il delitto”. Tocco rispose che l’ordine era venuto da “qualcuno molto in alto”. Lo Piccolo urlò: “Non hai capito, l’alto sono io”. E Giampiero Tocco venne strangolato. Poi, lo sciolsero nell’acido.

“Conta poco che siano trascorsi 17 anni – dice il colonnello Antonio Di Stasio, il comandante provinciale dei carabinieri – il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che facciamo mentre sta passando, diceva Einstein. Ed oggi si è riusciti ad aggiungere all’indefinito puzzle della storia di mafia un altro frammento di verità”.

(fonte)