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Un Paese civile garantisce morti dignitose. In carcere.

200 morti. 5 stragi. Il dito (o ma lente) sul grilletto degli uomini migliori di questo Paese. Sono convinto che il carcere non debba essere vendetta ma dignità e giustizia. Dignità e giustizia per chi sta in carcere e dignità e giustizia per chi lì fuori dal carcere ha trovato la morte per mano di Riina e ha lasciato una famiglia che attende giustizia.

Garantire una morte dignitosa a Riina in carcere è un dovere. Ma non mi pare così difficile. Ha ragione Nando Dalla Chiesa quando dice “ne abbiamo avute troppe di perizie di comodo per non sapere come si riesca a restare anni e anni agli arresti domiciliari. Anche la Cassazione, però, poteva inserire una parentesi possibilista sul genere di ‘se davvero queste sono le condizioni del detenuto’. Come se non fossimo stati presi in giro più volte “.

Conosco per esperienza personale un paio di quelli che per conto degli uomini di ‘ndrangheta avrebbero dovuto farmi fuori. Sono quelli che hanno reso infernale la vita mia, della mia famiglia e dei miei figli. Due di loro sono collaboratori di giustizia che con le loro dichiarazioni (riscontrate) hanno portato all’arresto di decine di mafiosi negli ultimi anni. Eppure uno di loro è in carcere e l’altro non vede il figlio da tre anni, rintanato per il terrore e semi abbandonato.

Riina no. Riina è il capo di Cosa Nostra che ancora pochi mesi fa si vantava delle sue vittime. È lo stesso che ha taciuto per tutta una vita davanti ai magistrati. È un vigliacco merdoso che sfida lo Stato.

Una morte dignitosa in carcere non sarà un compito complicato. Così magari si smentisce questa brutta sensazione che sia l’ennesimo attacco al 41 bis.

(ps Riina è ancora il capo di Cosa Nostra: lo spiega bene Lirio Abbate qui)