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Renzi, il Pd e lo streaming “ma non troppo”

Ops. L’ultima direzione nazionale del Pd non è andata in streaming. Il feticcio che Renzi a tutti i costi aveva voluto importare dai propositi (del resto mai realizzati) del M5S oggi non è già più di moda. La direzione nazionale del Partito democratico sui risultati (pessimi) delle ultime elezioni amministrative si è svolta nel clima da “caminetto” che lo stesso Renzi ha perculato per mesi su tutti i giornali e in ogni ospitata tv.

Dice Renzi che la decisione è stata presa perché altrimenti «qualcuno si sarebbe alzato solo per farsi notare sapendo della diretta tv»: osservazione legittima se non fosse che lo stesso Matteo sia proprio un’invenzione televisiva di chi ha colto nella “rottamazione” il messaggio che abbracciava i cuori quando, ormai sono anni, quel piccolo sindaco di Firenze divenne simpatico a tutti per la sua volontà distruttrice.

Un personaggio televisivo che odia la televisione è un po’ come un Berlusconi che si batte per la dignità delle donne: ripensamenti tardivi e poco credibili che servono più che altro a parare le crepe evidenti piuttosto che avere un senso.

«Hanno cercato di “ammazzarmi” ma non ci sono riusciti, e anche la roba di Pisapia si è rivelata un mezzo flop, ora portiamo avanti la nostra idea di partito maggioritario e poi vediamo quello che succede alle elezioni, dove ognuno si presenterà per conto proprio, niente coalizioni pasticciate. Ora il sondaggio che ci dà più bassi, quello di Masia, ci attribuisce un 27,2 per cento. Il che significa che male che va avrò 200 deputati e un centinaio di senatori. E se il problema è quello delle liste, chi si vuole candidare lo dovrà dire apertamente e con chiarezza, senza fare giochetti». Questa è l’analisi dell’uomo che vorrebbe risollevare l’Italia. Roba da chiacchiere da bar. Analisi da bulletti traditi. E intanto l’Italia galleggia.

Bene così.

Buon giovedì.

(continua su Left)