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«Stanno smantellando il pool antimafia»: cosa disse Borsellino al CSM

“Ho senza esitazione parlato di segnali di smobilitazione del pool antimafia, nè temo mi si possa rispondere che il pool è stato anzi arricchito di nuovi elementi, poichè non si arricchisce certo un pool, se la sua essenza rettamente si intende, aumentando il numero dei suoi magistrati senza gli opportuni criteri di scelta e contemporaneamente disattendendo le ragioni stesse della creazione di tale organismo”. Sono le parole, nette e pesanti, che Paolo Borsellino, il 31 luglio del 1988 pronunciò davanti al Comitato antimafia del Csm per spiegare alcune sue dichiarazioni, rilasciate nei giorni precedenti, in un evento pubblico e con due interviste. Il pool antimafia di Palermo, di cui Borsellino aveva fatto parte prima di essere nominato procuratore capo a Marsala, “allo stato rappresenta l’unico organismo di indagine ancora efficace in materia di criminalità mafiosa, stante la carenza indubitabile delle forze di Polizia”, sottolineò il giudice, come emerge dall’audizione disponibile integralmente per la prima volta, dopo la desecretazione degli atti disposta da Palazzo dei Marescialli in occasione del 25esimo anniversario della strage di via D’Amelio, in cui Borsellino e la sua scorta vennero uccisi dalla mafia.

L’audizione venne svolta qualche mese dopo la nomina di Antonino Meli (preferito dal Csm a Falcone) come consigliere istruttore a Palermo, prendendo così il posto che era stato di Antonino Caponnetto. “Non ho riferito le confidenze dei colleghi – spiegò Borsellino in merito alle preoccupazioni che aveva espresso sullo ‘smantellamento’ del pool – ma mi sono formato una convinzione sulla base di colloqui con persone con cui ho lavorato a lungo, con le quali ho un’intesa perfetta, su quella che era la situazione”. E ancora: “ho quindi riferito questa situazione che mi sembra fosse importantissimo riferire”, affermò il giudice nella sua audizione, perchè “o parliamo per enigmi o per allusioni e diciamo che c’è una caduta di tensione o che manca la volontà politica e la gente non capisce bene che cosa significa, oppure se questi problemi li dobbiamo affrontare concretamente dobbiamo citare fatti e mettere il coltello nella piaga e dire: ‘c’è un organismo centrale nelle indagini antimafia che in questo momento non funziona piu””.

Borsellino si disse “sicuramente allarmato” perchè “quando contemporaneamente si verificano una stanchezza sia dell’opinione pubblica sia degli esponenti culturali su questo problema”, una “poca attenzione dello Stato nel suo momento amministrativo, perchè si continua a tenere la Sicilia, con riferimento agli organi di Polizia, in una situazione di assoluta marginalizzazione” e “quando insieme a ciò, il pool che è l’unico organo investigativo che, parliamoci chiaro, è quello che ha riaperto la questione, per iniziativa prima di Rocco Chinnici e poi di coloro che l’hanno seguito, quando tutto questo va male è certo che sono estremamente allarmato”.

In particolare, Borsellino mise in luce il fatto che “quando un pool sostanzialmente non è messo in condizione di rispondere alla sua attività, a quelle che sono le ragioni fondamentali della sua esistenza, difficili da cogliere se maturate in lunghi anni di funzionamento, e sostanzialmente è ridotto soltanto a un numero di tre, quattro, cinque magistrati che lavorano assieme, non è più un pool”. All’interno dell’Ufficio Istruzione, disse al termine dell’audizione durata 4 ore, “c’è una persona che di entusiasmo ne sa vendere a tutti e in tutti i modi e, pertanto, io sono rimasto sinceramente preoccupato nel momento in cui l’entusiasmo gliel’ho visto perdere. Mi riferisco a Giovanni Falcone”.

(fonte)