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“Abbiamo calcolato che sin qui gli immigrati ci hanno regalato circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni“: parla Tito Boeri

“Abbiamo calcolato che sin qui gli immigrati ci hanno regalato circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni“. Tito Boeri torna ad avventurarsi in un terreno minato: per la terza volta in due mesi tenta di spiegare all’opinione pubblica l’importanza del ruolo che gli immigrati regolari rivestono nella tenuta complessiva del sistema pensionistico. Un tentativo in cui non viene minimamente sostenuto dal principale partito della sinistra, il Pd, e in cui si trova sotto il fuoco incrociato delle opposizioni guidate dalla Lega Nord. Per Salvini il presidente dell’Inps “vive su Marte”, mentre Deborah Bergamini (Forza Italia) usa l’ironia, sottolineando che “l’Inps non è l’Istituto nazionale previdenza stranieri”. Detto del silenzio del Partito Democratico (tranne il timido tentativo dei deputati Patriarca e Gelli e della senatrice Puglisi), l’unica a sostenere la posizione di Boeri è la presidente della Camera Laura Boldrini. Una coppia, quella formata da Boldrini e Boeri, a cui quel pezzo di sinistra che coincide con il Pd sembra aver demandato le questioni più spinose per il centrosinistra. In tal senso, val la pena sottolinearlo, quello dei migranti è un tema così scottante da consigliare il silenzio ai vertici dem, con Boeri usato come parafulmine per gli strali del centrodestra.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELL’INPS – “Gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi in contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps”, ha spiegato il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, in un’audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti. “I lavoratori che sono stati regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai loro colleghi – ha proseguito Boeri – le analisi evidenziano che la probabilità di separarsi da un’impresa per i colleghi degli emersi è pari al 42%, e se il numero di emersi cresce tale probabilità aumenta solo del’1%. L’effetto di spiazzamento è dunque molto piccolo e riguarda unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i lavoratori più qualificati, né in termini di opportunità di impiego né di salario”. “Mentre i migranti che entrano nel mercato del lavoro italiano sono per la maggior parte dei casi a bassa qualifica, la quota degli italiani non laureati che scelgono di emigrare per motivi economici è dimezzata tra il 2007 e il 2015. Sembra difficile perciò ipotizzare che la fuga dei giovani dal nostro Paese possa essere dovuta alla competizione sul mercato del lavoro con gli immigrati”, ha aggiunto il presidente dell’Inps.

Secondo quanto emerge dai dati delle ispezioni di vigilanza Inps nel periodo 2013-2015 nelle aziende, un lavoratore in nero su tre è clandestino. Boeri spiega che la regolarizzazione dei lavoratori immigrati porta a “un’emersione persistente nel tempo di lavoro altrimenti svolto in nero”: dopo le sanatoria del 2002 del 2012, l’80% degli immigrati risulta contribuente alle casse dell’Inps anche cinque anni dopo la regolarizzazione. “Il confronto pubblico – afferma Boeri – dovrebbe incentrarsi su come inserire gli immigrati stabilmente nel nostro mercato del lavoro regolare. L’integrazione nel mercato del lavoro contribuirebbe anche a migliorare la percezione che gli italiani hanno degli immigrati”.

“La forte crescita di rifugiati non compensa il mancato arrivo di immigrati regolari”, ha spiegato ancora Boeri denunciando “il sostanziale azzeramento delle quote del decreto flussi” per i lavoratori stranieri. Infatti “i centri di accoglienza dei rifugiati sono concentrati in aree rurali, dove ci sono meno opportunità di impiego”. Ad esempio, i Cas del Piemonte ospitano mediamente tre rifugiati per 1000 abitanti, ma questo rapporto è pari alla metà a Torino ed è quasi sempre inferiore nei comuni capoluogo che nelle relative province. Inoltre “gli incentivi al lavoro regolare da parte dei rifugiati – dice Boeri – sono limitati dal fatto che il permesso per attesa richiesta asilo politico non può comunque essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.

BOERI E IL RUOLO DEI MIGRANTI: I PRECEDENTI – Boeri aveva affrontato la questione già il 16 giugno: “Se oggi chiudessimo le frontiere agli immigrati non saremmo in grado di pagare le pensioni e i nostri sistemi di protezione sociale: versano 8 miliardi e ne prelevano 3, con un surplus di circa 5 miliardi”, aveva già spiegato il presidente dell’Inps partecipando alla Repubblica delle Idee. “Molti migranti tornano nei paesi di origine prima di arrivare all’età pensionistica e spesso, malgrado ci siano le leggi, non la richiedono. Usiamo moltissimo questi contributi che – conclude – finiscono per essere a fondo perduto“. Il 4 luglio l’economista ribadiva le proprie ragioni illustrando alla Camera la relazione annuale dell’Inps: “Non abbiamo bisogno di chiudere le frontiere. Al contrario, è proprio chiudendo le frontiere che rischiamo di distruggere il nostro sistema di protezione sociale”, spiegava commentando una simulazione che guarda all’ipotesi di azzeramento dei flussi guardando all’evoluzione da qui al 2040 “in entrata di contribuenti extracomunitari“. Questo, ha spiegato Boeri, porterebbe “73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi” per le casse dell’Istituto. Valori che comporterebbero“una manovrina in più da fare ogni anno per tenere i conti sotto controllo”.

LE REAZIONI: CENTRODESTRA ALL’ATTACCO, PD IN SILENZIO –Immediato è scattato il fuoco di fila di chi fa dei migranti il nemico da combattere. Durissima la critica del leader della Lega Nord Matteo Salvini: “‘Gli immigrati ci pagano le pensioni… Gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare… Servono più immigrati’. Tito Boeri, presidente dell’Inps, vive su Marte” ha scritto su Twitter il segretario del Carroccio, che sintetizza in 140 caratteri le posizioni già espresse dai suoi colleghi di partito. Tra questi, da segnalare Roberto Calderoli: “Sbaglia il presidente INPS, Tito Boeri, ad ostinarsi a ripetere che gli immigrati non hanno sottratto il lavoro agli italiani – ha detto Calderoli – Una bugia contraddetta dai numeri forniti dallo stesso Boeri incrociati con quelli forniti dall’Istat: se da una parte la percentuale di giovani immigrati che pagano regolari contributi previdenziali è salita al 35%, dall’altra la percentuale di nostri giovani che non hanno un lavoro è intorno al 40%, questo significa semplicemente che i giovani immigrati hanno tolto il lavoro ai giovani italiani che sono costretti ad andarsene all’estero in cerca di opportunità professionali”. Non meno tenere le parole utilizzate sempre su Twitter da Deborah Bergamini di Forza Italia: “Inps = Istituto nazionale di previdenza stranieri? No, perché a legger Boeri viene il dubbio…” ha scritto la responsabile comunicazione di Forza Italia. Già lo scorso 4 luglio, del resto, Bergamini aveva fatto notare al presidente Boeri che “i costi dell’immigrazione irregolare, di qui al 2040, andrebbero a creare un buco nei conti dello stato di 85,6 miliardi”.

LE REAZIONI: LAURA BOLDRINI STA CON BOERI – L’unico nome di peso della politica italiana a sostenere il presidente dell’Inps è stata Laura Boldrini. “Il 65% degli italiani (contro il 21% dei tedeschi) considera i rifugiati un peso perché godono di alcuni benefit, secondo loro, mentre si ignora il contributo positivo che invece danno in termini di saldi fiscali e contributivi, come ci ricorda sempre il Presidente dell’Inps Tito Boeri” ha detto la presidente della Camera, presentando i dati della relazione finale della Commissione Cox sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo. Per la Boldrini sui temi dell’immigrazione c’è una “clamorosa divaricazione tra i numeri e la realtà percepita. E sono soprattutto le persone che non conoscono, che non hanno accesso ai dati, le persone che probabilmente si limitano ad ascoltare certi esponenti politici o a leggere alcuni giornali, che sono più frequentemente portatrici di atteggiamenti di odio. Purtroppo chi non sa è portatore di odio“.

(fonte)