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Questo nostro tempo dove un prete candidato al Nobel è indagato per il reato di solidarietà

Un avviso di garanzia è stato notificato al sacerdote eritreo Mosè Zerai, candidato al Nobel per la pace nel 2015 e impegnato da anni negli aiuti umanitari ai profughi. Con l’iscrizione nel registro degli indagati, la Procura di Trapani, che conduce l’inchiesta sulla ong tedesca Jugend Rettet, lo accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Le indagini che hanno portato al provvedimento, eseguite dalla Squadra mobile della città siciliana sorebbero cominciate, però, nel novembre scorso. Don Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, “il salvagente dei migranti”, offre assistenza telefonica a chi si accinge a partire, avvertendo le autorità quando imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo si trovano in difficoltà e hanno bisogno di un intervento di salvataggio. “Ho saputo solo lunedì dell’indagine – commenta il sacerdote – e voglio andare fino in fondo alla vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito. In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno – aggiunge – oggi invece ne ricevo molte meno e non saprei dire perché: il mio intervento però è sempre stato a scopo umanitario”.

L’inchiesta giudiziaria avrebbe come riferimento presunte pressioni svolte dal prelato nei confronti degli organi competenti nel soccorso in mare. “Prima ancora di informare le Ong – sostiene don Mosè – ho allertato ogni volta la centrale operativa della Guardia costiera italiana e il comando di quella maltese. Non ho mai avuto rapporti con la Iuventa (la nave posta sotto sequestro dalla Procura trapanese, ndr) – precisa – né, tantomeno, aderisco a chat segrete e ho sempre comunicato attraverso il mio cellulare”.

Proprio ieri il religioso eritreo aveva definito “vere e proprie calunnie” nei suoi confronti certe illazioni riportate da testate giornalistiche che avrebbero promosso contro di lui e i suoi collaboratori una “campagna denigratoria”. “Ma io non ho nulla da nascondere – afferma – perché ho sempre agito alla luce del sole e in piena legalità”. Il sacerdote conferma inoltre di aver inviato, nell’ambito della sua attività umanitaria, segnalazioni di soccorso all’Unhcr, e a organizzazioni come Medici senza frontiere, Sea Watch, Moas e Watch the Med. Don Zerai ha incaricato i suoi legali di “tutelare in tutte le sedi opportune la mia onorabilità personale, quella del mio ruolo di sacerdote e quella di Habesha”.

(fonte)