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È xenofobia. Semplicemente.

Ne scrive bene Carmelo Palma su Strade:

L’anti-immigrazionismo sta alla xenofobia come l’antisionismo sta all’antisemitismo. È una maschera politicamente compatibile di un pregiudizio, peraltro, sempre meno inconfessabile. A moltissimi italiani – poco importa se siano la maggioranza o meno, sono abbastanza da dare il tono che fa la musica della nostra politica – risulta semplicemente insopportabile che tanti stranieri siano tra di noi, che tanto straniero e sradicato dal comodo rifugio di un’identità neppure nazionale, ma ferocemente particolaristica, sia diventato il nostro modo di vivere e di produrre, di consumare e di ridistribuire, di ricevere e di donare.

La xenofobia evolve coi tempi, senza rinnegare la propria origine e la propria matrice puramente negativa, che adatta alle caratteristiche delle nuove vittime sacrificali dell’invidia e del rancore. Salvini intima al Presidente della Repubblica di vergognarsi per avere osato paragonare gli immigrati stranieri ai 30 milioni di emigrati italiani che in oltre centocinquant’anni di storia hanno invaso tutto il mondo, dall’Australia al Sudamerica. Salvini però faceva il giovane comunista padano, in una Lega che prometteva di buttare fuori i terroni dal Nord e irrideva con cori da stadio i meridionali (“Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani o colerosi, terremotati, con il sapone non vi siete mai lavati”) e ora fa l’adulto lepenista italiano promettendo, anche a nome di napoletani e siciliani, di ributtare arabi e neri al di là del Mediterraneo. Eppure Salvini è sempre uguale a se stesso, la maschera mutevole del razzismo come identità collettiva e non come pregiudizio individuale.

Non si tratta, peraltro, di un fenomeno solo etnico-culturale, ma anche economico-sociale. La xenofobia è il precursore ideologico del protezionismo e dello statalismo nazionalista. È la difesa parossistica del “nostro” lavoro, delle “nostre” aziende, dei “nostri” pomodori, in un mondo in cui il confine tra il “nostro” e “l’altrui” – a tutti i livelli – si è brutalmente denazionalizzato e in cui non solo la catena del valore, ma anche quella delle identità si è radicalmente globalizzata. Xenofobica è oggi la resistenza all’integrazione economica internazionale. Xenofobici sono il sovranismo monetario e la diffidenza per l’Europa matrigna. Xenofobici sono i fantasmi interiori e le paranoie di chi, per tornare a Manzoni, è sempre più pronto a “intonare il grido della carneficina” contro il nemico immaginario che viene da lontano e porta la “peste” ad irrompere nel recinto della tribù.

(l’articolo intero lo trovate qui)