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Libia: è pizzo di Stato?

Il reportage dell’altro ieri di Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera è solo l’ultimo tassello di un quadro che va componendosi da settimane. Sono molti i servizi giornalistici che ci raccontano come la Libia sia diventata un inferno (Medici Senza Frontiere l’ha detto senza giri di parole) e, soprattutto, che i trafficanti libici si sono riciclati nel ruolo di “tappo” degli imbarchi verso l’Italia.

“Zio” Dabbashi, di cui scrive il Corriere, è solo uno dei tanti schiavisti che ora si è messo a disposizione con le sue milizie per fermare i migranti.

Scrive il Corriere: “Con gli agenti dei servizi italiani si è incontrato più volte in alcuno hotel di Gammarth, la costa turistica di Tunisi. Sarà e gli italiani si sono assicurati la sua collaborazione in cambio di 5 milioni di euro e la promessa che i Dabbashi ne usciranno puliti  le loro milizie saranno legalizzate”.

Quindi: un criminale viene pagato (da chi, esattamente?) e ottiene una promessa di impunità.

Sembra una puntata di Narcos e invece sono gli «amici libici» di Minniti.

Chi ha pagato? Chi garantisce copertura politica? Possibile che tutti coloro che si sono “eccitati” per le indagini conoscitive di Zuccaro sulle ONG oggi non trovino stimoli sui fatti raccontati da fonti autorevoli?

Per intendersi, pagare dei criminali per tenere lontano il crimine è “pizzo”: un favoreggiamento politico e criminale. Un po’ come funziona con quei commercianti che sono disposti a pagare un obolo ai criminali perché ammazzamenti e ladrocini non avvengano sotto le loro insegne. Non sono contro il crimine: sono contro i fastidi del crimine nel proprio giardino.

Pizzo, appunto. In questo caso pizzo di Stato.

Qualcuno ha qualcosa da dire?

(continua su Left)