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Eppure Di Maio è l’autobiografia dell’Italia di oggi

Un ottimo pezzo di Francesco Cancellato su cui vale la pena riflettere. Sul serio.

Lo steward, il tecnico informatico, l’eterno fuoricorso a giurisprudenza, quello che sbaglia i congiuntivi, che confonde Cile e Venezuela parlando di Pinochet, il disoccupato miracolato che si è trovato, grazie a Beppe Grillo, a fare il vicepresidente della Camera dei Deputati, il più giovane della storia dell’Italia repubblicana. Se fate parte dei detrattori di Luigi Di Maio, neo candidato premier del Movimento Cinque Stelle, prima o seconda forza politica italiana da cinque anni a questa parte, avete argomenti a iosa per ironizzare su di lui e sulla sua conclamata inadeguatezza a presiedere il Consiglio dei Ministri.

Visto che però la campagna elettorale non è ancora iniziata, e abbiamo ancora a disposizione qualche settimana di ragionamenti sereni, sarebbe opportuno chiedersi come e perché ci sia arrivato, un signor Nessuno come Di Maio, ad ambire alla più alta carica politica di questo Paese. Ma soprattutto, dovrebbero chiedersi perché il Movimento degli algoritmi, quello che meglio in questi anni è riuscito a intercettare il sentire diffuso dell’opinione pubblica, abbia scelto proprio lui, il webmaster di Pomigliano D’Arco.

Per capirlo, forse, vale la pena di partire da un film uscito poche settimane dopo il terremoto politico delle elezioni politiche del 2013. S’intitola Benvenuto Presidente ed è la storia di un cittadino comune – tale Giuseppe Garibaldi, interpretato da Claudio Bisio – che diventa per un equivoco Presidente della Repubblica. Ovviamente, l’Uomo Qualunque, seppur privo di competenze e abilità politiche, si rivela migliore di qualunque dei suoi predecessori e riesce a farsi amare dagli italiani, grazie all’onestà, al buon senso, all’istintività delle sue azioni.

Se siete un pezzo di classe dirigente del Paese questa ingenuità vi farà sorridere (o orrore, dipende). Abbiamo una notizia: gli ingenui siete voi. L’odio per le élite, per la casta, per il cinismo e l’auto referenzialità della politica hanno nutrito questo cliché da commedia degli equivoci fino a farlo diventare opinione dominante nel Paese: oggi davvero la gente – non solo in Italia, peraltro – pensa che il cittadino comune con un po’ di buonsenso possa governare l’Italia meglio del rettore della Bocconi. Ecco: Di Maio è l’unico tra i candidati premier che può fregiarsi di essere l’Uomo Qualunque. Non Salvini, anche se si mette le felpe. Non Renzi, anche se paga il mutuo. Non Pisapia, anche se è gentile con tutti. Non Berlusconi, anche se nessuno è stato in grado di comprenderne le istanze meglio di lui. Uno a zero per lui.

(continua su Linkiesta qui)