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Belle storie di resistenza quotidiana. Femminile e antimafiosa.

Una vita dedicata alla terra. La loro. E poi arriva qualcuno che vuole portarsela via, prima facendo una proposta ridicola (5mila euro per 90 ettari di terreno, comprensivi di attrezzature) poi, a proposta rifiutata, con minacce nemmeno troppo velate per prendersela, se non con le buone allora con le cattive. Irene, Anna e Ina Napoli sono le protagoniste di questa storia, ambientata a Mezzojuso, nel cuore della provincia di Palermo, e raccontata da Repubblica TV. Qui, nei campi che si estendono fino a Corelone, esiste una mafia antica che prova a impossessarsi delle terre coltivate a grano e fieno. Le tre sorelle, che gestiscono un’azienda agricola di 90 ettari, dopo l’offerta economica ricevuta nel 2006, ne hanno subite tante: all’inizio, per paura, hanno taciuto, continuando a ignorare le invasioni delle “vacche sacre” dei boss, spedite in missione per danneggiare i raccolti e spingerle così ad abbandonare la loro terra. Ma nel 2014, esauste, hanno preso il coraggio a sei mani e hanno sporto denuncia: ai carabinieri hanno raccontato delle decine di raid, documentate un un quaderno in cui appuntano tutto quello che accade e in cartelle sul pc in cui archiviano foto di situazioni che hanno subito.

“SE TUTTI CE NE ANDIAMO, LA SICILIA A CHI RESTA?”

 

La chiamano “mafia dei pascoli”. “A luglio – raccontano le sorelle con voce tremante e visibilmente esauste – hanno distrutto il raccolto, ma non ci fermeranno. Non avranno mai le nostre terre”. Le donne mostrano poi al giornalista il loro raccolto: 330 balle di fieno, che normalmente si raccolgono in un ettaro di terreno, sono state raccolte in 24 ettari, quello che è rimasto dopo l’invasione di vacche, cavalli e pecore. “Una sera, arrivo e vedo queste mucche e i cavalli che mi calpestavano il terreno. C’erano tutte le recinzioni tagliate, è stato terribile”. La battaglia delle tre donne non è facile. Raccontano di aver avuto paura e per questo erano restie a denunciare, ma quando la situazione è diventata insostenibile, si sono fatte forza. Hanno dovuto munirsi di telecamere, alcune puntate sull’abitazione, altre sui campi, con le qual possono monitorare la situazione e verificare se sta succedendo qualcosa o se manca qualche animale. “Certo che abbiamo pensato di andarcene – commenta una delle sorelle – ma se tutti facciamo così, questa Sicilia a chi resta?”

(fonte)