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La vedova di David Rossi: “voglio la verità”

(Marco Gasperetti per Corriere della Sera)

«La storia dei festini? Io non ho mai sospettato nulla, ma s’indaghi anche su questo sino in fondo, senza reticenze, si arrivi alla verità. Costi quel che costi».

 

Signora, mi perdoni la domanda, ma se in questa vicenda fosse stato coinvolto anche suo marito? 
«Conoscevo David, la sua moralità, la sua voglia di vivere, il suo amore per la famiglia. E questo mi dà la forza di dire: andiamo avanti senza tralasciare alcuna pista, anche quella del più odioso pettegolezzo. Io ho la certezza che mio marito sia stato ucciso, che qualcuno l’ha gettato dalla finestra del suo ufficio. Spero si torni a indagare».

Antonella Tognazzi, la vedova di David Rossi, il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi precipitato da una finestra del suo studio di Rocca Salimbeni in circostanze ancora oggi poco chiare, dopo quattro anni e due inchieste archiviate non si è ancora arresa. Ha guardato la tv, ha letto l’intervista dell’ex sindaco Pierluigi Piccini (anche lui convinto che Rossi sia stato assassinato), e ha seguito le polemiche che si sono scatenate e l’apertura di un fascicolo da parte della magistratura di Genova dopo le voci su presunti festini ai quali secondo quanto riportato da Piccini avrebbero partecipato anche magistrati senesi. Ieri la presidente della Corte d’appello di Firenze, Margherita Cassano e il procuratore generale, Marcello Viola, hanno chiesto al Csm di aprire una «pratica a tutela» per i magistrati di Siena. Mentre Piccini, rispondendo alle critiche del sindaco di Siena, Bruno Valentini, sottolinea che «il vero problema è che il sindaco o quei pochi che mi criticano, sono stati comodamente omertosi, finora». Polemiche roventi. Nelle quali la vedova Rossi, non vuole entrare. «Si torni a indagare — ripete —, io chiedo solo verità e non mi fermerò sino a quando non l’avrò trovata».

Ma secondo lei perché si parla di festini proprio adesso?
«Guardi non ne ho idea. Forse qualcuno si vuole lavare la coscienza. Stamani (ieri mattina ndr) mi hanno detto che questa storia circolava da tempo in città e sarebbe stata collegata in qualche modo alla morte di mio marito. Io non sapevo niente, anche perché non mi interessano i pettegolezzi e mi faccio gli affari miei. Sono altre le mie convinzioni».

Quali sono, signora?
«Che David sia stato assassinato e che le indagini sono state fatte male. Non lo dico solo io ma anche l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, perito incaricato dalla Procura, la stessa che ha lavorato sul caso di Yara Gambirasio. La dottoressa, tanto per farle un esempio, ha scritto che sul corpo di mio marito c’erano segni non compatibili con una caduta ma riconducibili a una colluttazione. Eppure di questo, nell’inchiesta, non si fa parola. Ed è solo un elemento, ce ne sono tanti altri ignorati. Io sono convinta che bisognerebbe aprire ancora una volta il caso e indagare come si deve».

Secondo lei suo marito aveva paura?
«Era molto spaventato. Chiedeva aiuto e lo aveva fatto anche con una mail a un alto dirigente di Mps».

Ma a lei David non ha mai confidato di temere d’essere ucciso?
«In quei giorni ero malata con febbre altissima e allucinazioni. Lui certe cose non me le avrebbe dette esplicitamente per difendermi, per tutelarmi. Poi nelle condizioni fisiche in cui mi trovavo non lo avrebbe fatto in nessun modo. Però oggi io ho rielaborato quei momenti, ci ho ripensato più volte».

Ed riuscita a capire qualcosa?
«Ricordando quegli ultimi giorni oggi ho la sensazione che David fosse minacciato. Era un uomo che aveva paura di essere ucciso. Anche una situazione di stress come quella non poteva giustificare la sua agitazione. Non lo avevo mai visto così, a fargli così tanta paura non poteva essere solo preoccupazione lavorativa e un’inchiesta nella quale oltretutto lui non era neppure indagato».