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Agenti penitenziari a disposizione della ‘ndrangheta. A Bologna.

Storie dal nord che si occupa sempre troppo poco di mafia. (fonte)

 

Bologna, 10 novembre 2017 – Hanno rispettato le ‘regole’ impartite dai boss all’interno del carcere Dozza, picchiando selvaggiamente un altro detenuto che, invece, non ne voleva sapere di farsi sottomettere dai ‘padroni’ dell’ ‘ndrangheta. A loro, i militari del Ros, sono arrivati grazie ad un collaboratore di giustizia, scoprendo in questo modo l’esistenza di una gerarchia criminale all’interno del penitenziario. Sono stati arrestati all’alba di oggi due campani di 30 e 47 anni, residenti uno in città e l’altro a Bomporto coinvolti nella più vasta operazione condotta appunto dai militari del ROS e dai Comandi provinciali di Bologna, Modena e Reggio Emilia, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Bologna, su richiesta della procura distrettuale Antimafia, nei confronti di 8 indagati, tra cui i due ‘radicati’ nel nostro territorio.

Quattro di questi devono rispondere di violenza privata e lesioni aggravate dalle modalità mafiose e gli altri quattro, tra cui due agenti della penitenziaria e due magrebini, di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti tra le celle.

Le indagini, supportate da attività di intercettazione e da pedinamenti, sono state corroborate dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il principale nell’ambito del processo Aemilia ed hanno consentito di acclarare l’esistenza di una vera e propria gerarchia criminale instauratasi tra i reclusi nella casa Circondariale ‘Dozza’ di Bologna, con al vertice elementi della articolazione di ‘ndrangheta avente epicentro nella provincia di Reggio.

Parliamo dei detenuti calabresi Gianluigi Sarcone (fratello di Nicolino, esponente apicale della cosca ‘ndranghetista operante in Emilia- Romagna, e oggetto del procedimento Aemilia) e Sergio Bolognino, entrambi finiti in carcere a gennaio 2015 nell’ambito dell’operazione antimafia che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza alla ‘ndrangheta, avevano imposto la loro autorità agli altri detenuti, obbligandoli a sottostare, con minacce e violenze, alle loro regole di convivenza.

Da qui, a marzo, il violento pestaggio ai danni di uno dei reclusi nella sezione ‘Alta Sicurezza’, i cui mandanti sono appunto Sarcone e Bolognino mentre i ‘picchiatori’ i due campani oggi individuati e ammanettati in città.

La vittima era stata punita poiché irrispettosa e refrattaria alle disposizioni imposte, a dimostrazione della supremazia riconosciuta agli ‘ndranghetisti da parte dei detenuti contigui a clan di camorra. L’indagine ha permesso anche di accertare come due agenti della penitenziaria avessero allacciato una fitta rete di rapporti illeciti con i reclusi ai quali veniva, tra l’altro, consentito il consumo di droga. Gli agenti sono finiti ai domiciliari, così come uno dei marocchini arrestato insieme ad un connazionale proprio per la cessione di droga tra le celle.

 

TELEFONI IN CARCERE – “I telefoni in carcere li forniscono le guardie penitenziarie“. È una delle frasi messe a verbale da Giuseppe Giglio, arrestato nel 2015 nell’inchiesta di ‘Ndrangheta ‘Aemilia‘ e poi divenuto collaboratore di giustizia, citate nell’ordinanza con cui il Gip di Bologna Alberto Ziroldi ha disposto le otto misure cautelari.

In un colloquio con il Pm della Dda Beatrice Ronchi, Giglio il 28 giugno 2016 parlò dei rapporti tra poliziotti penitenziari e detenuti campani nel carcere bolognese. “Ma qualsiasi cosa avevamo necessità, un tablet, cioè qualsiasi cosa loro ci avrebbero… perché le guardie, tra l’altro, lì sono quasi tutte napoletane, attenzione! E questi qua erano di Napoli. Ah ma se lì avesse messo delle intercettazioni ne avrebbe sentito delle belle!”, disse il pentito.

E ancora, a rafforzare il concetto: “Sì, me lo disse lo stesso Sergio Bolognino (uno degli arrestati di oggi, ndr), disse in quanto diciamo le guardie sono paesani loro, cioè sono proprio dello stesso paese. Sa, ma qualsiasi cosa ci serviva, diciamo anche a… diritti penitenziari, magari ci serviva qualche cosa, tramite questi napoletani ci arriva subito”.