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Quando Majakovskji si occupava di pubblicità.

«Uno slancio ancora oggi largamente inascoltato, soprattutto quando indica la fantasia comunicativa come strumento capace di produrre democrazia. In effetti, l’attività da copywriter di Majakovskij mantiene tuttora qualcosa di inaudito. “Arte applicata”, “lavoro d’occasione”, “divertissement”: è evidente come le categorie di comodo scricchiolino davanti alla compattezza politica ed estetica di quell’ispirazione, ma d’altra parte difettiamo di strumenti culturali per prendere sul serio quegli slogan. Pare certo che la fantasmagoria della sua attività pubblicitaria abbia anche contribuito alla fama da istrione, in un equivoco straziante che si trascinò fino alla fine, oscurando – scrisse Jakobson – agli occhi del pubblico la profondità lirica, l’allarme delle sue desolazioni, cosicché quando invece del teatrale succo di mirtillo ha visto scorrere sangue autentico, è rimasto perplesso: è incomprensibile! È assurdo!»

 

Quando Majakovskji si occupava di pubblicità. Un pezzo imperdibile di Studio, qui.