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«Perché poi sa, quello lì si chiama governo, ma non è un governo, sono quattro persone, ecco»: De Benedetti su Renzi & co.

«Perché poi sa, quello lì si chiama governo, ma non è un governo, sono quattro persone, ecco»: la frase che racchiude tutto il senso del renzismo negli ultimi anni è tutta qui. L’ha pronunciata De Benedetti di fronte alla Consob. Basterebbe questa. Ecco l’articolo de Il Fatto Quotidiano:

“Normalmente con Renzi facciamo breakfast insieme a Palazzo Chigi” e con Maria Elena Boschi “sono molto amico, ma non la incontro mai a Palazzo Chigi. Lei viene sovente a cena a casa nostra (..) del governo vedo sovente la Boschi, Padoan. Anche lui viene a cena a casa mia e basta”. Così parlava l’11 febbraio 2016 Carlo De Benedetti, allora ancora presidente del Gruppo Espresso che pubblica La Stampa, Repubblica e L’Espresso. Lorenzo Bagnoli dell’Irpi (Investigative reporting project Italy) e Angelo Mincuzzi del Sole 24 Ore hanno pubblicato ieri sul sito del Sole il verbale di De Benedetti davanti alla Consob dove ha potuto difendersi nell’indagine della Commissione sui movimenti sospetti intorno alle banche popolari. Nell’operazione al centro anche di una inchiesta della Procura di Roma(che ha chiesto l’archiviazione dell’unico indagato, il broker Gianluca Bolengo, ma tiene segreti gli atti), De Benedetti investe 5 milioni di euro il 16 gennaio 2015 e realizza una plusvalenza di 600.000 euro. Al telefono, nella comunicazione registrata, il broker gli dice che i titoli sarebbero saliti “se passa un decreto fatto bene”. Nessuno sapeva ancora che il governo Renzi avrebbe riformato il settore per decreto, ma De Benedetti è sicuro “passa, ho parlato con Renzi ieri, passa”. Ecco i punti salienti del verbale di De Benedetti davanti alla Consob.

MODICA QUANTITÀ. A sua difesa De Benedetti usa un argomento che poi sarà condiviso dal pm di Roma Stefano Pesci nel chiedere l’archiviazione dell’inchiesta penale: se avesse avuto informazioni privilegiate, non avrebbe investito così poco (per i suoi standard): “Allora, con le nostre controparti … avevamo fatto 620 milioni, di cui le Popolari solo 5. Tutte le altre operazioni hanno il taglio di 20, ma se io avessi saputo, avrei fatto 20 anche sulle Popolari, o di più, e ho fatto meno! Cioè è una roba che è un controsenso. Questa è la prova provata che, che io non sapevo niente della, della, dei tempi…”.

BANKITALIA. Carlo De Benedetti non è un banchiere, ma vanta eccellenti rapporti con la Banca d’Italia. E nel verbale Consob racconta la sua visita in via Nazionale il 14 gennaio dove incontra il vicedirettore generale Fabio Panetta:  “Ero andato a trovare Panetta in Banca d’Italia, come faccio abbastanza abitualmente o con lui o con Visco (Ignazio, il governatore, ndr), una volta al mese una volta ogni due mesi, non c’è una scadenza precisa ma, diciamo, una consuetudine precisa”. Dopo una discussione sulla Grecia, Panetta parla di banche popolari: “Mi ha detto, ‘guardi, l’unica cosa, sono negativissimo, sono pessimista, solo lei si illude. Guardi! L’unica cosa positiva che mi pare che finalmente il governo si sia deciso ad implementare quella roba che noi chiediamo da anni e cioè: la trasforma… la riforma delle… delle popolari’. Per dire: non mi fece altra affermazione, né date, né di… né di quando, né di che cosa, in che cosa sarebbe consistito”. Il responsabile dell’Ufficio abusi di mercato della Consob, Giovanni Portioli, chiede a De Benedetti se Panetta gli abbia anticipato che il governo avrebbe usato un decreto legge, dagli effetti immediati e rilevanti sul mercato: “No. Mi ha detto: ‘Il governo lo farà’. Il governo si è convinto”.

COLAZIONE DA RENZI. La mattina dopo, è il 15 gennaio, De Benedetti vede Renzi alle 7 del mattino a Palazzo Chigi. E si ripete la scena di via Nazionale: “Anche lui – e sembra una condanna – accompagnandomi all’ascensore di Palazzo Chigi mi ha detto: ‘Ah! Sai, quella roba di cui ti avevo parlato a Firenze, e cioè delle Popolari, la facciamo’. (…) ero già con un piede sull’ascensore; non mi ha detto se le faceva con un decreto, con disegno, quando”. Il giorno dopo, tra le 9.02 e le 9.10, De Benedetti chiama il suo broker Bolengo, alla Romed di cui l’Ingegnere è presidente, per comprare 5 milioni di azioni di banche popolari.

L’AFFARE. De Benedetti, che a sua difesa dice di non aver avuto informazioni privilegiate da Renzi, dice però anche che semmai le avesse avute ne avrebbe comunque approfittato, investendo ben più di 5 milioni: “Se io avessi saputo, avrei fatto 20 anche sulle Popolari, o di più, e ho fatto meno!… ma perché l’avrei fatta così piccola? Se avessi saputo?”. Quella sulle Popolari, per gli standard della Romed, era “una mini-operazione per il nostro standard”. Altro argomento difensivo: l’operazione è stata “hedgeata”, cioè bilanciata da una uguale ma di segno contrario, per limitare il rischio, segno, sostiene l’Ingegnere, che non c’era alcuna certezza sull’arrivo di un decreto a breve (la prima notizia arriva sull’Ansa la sera stessa dell’operazione): “Ma se fosse stata un’operazione a tre giorni o quattro giorni o una settimana, che cacchio vai a hedgeare? (…) Quindi non c’è logica a pensare che uno sapesse che salivano e allora perché la hedgei? (…) per spendere dei soldi inutili”.

Il consigliere. De Benedetti ci tiene a spiegare ai dirigenti Consob che non c’era nulla di straordinario in quell’incontro con l’allora premier: “Io normalmente con Renzi faccio, facciamo breakfast insieme a Palazzo Chigi (…) quando lui ha chiesto di conoscermi, che era ancora sindaco di Firenze, e io… mi ha detto: ‘Senta – ci davamo del lei all’epoca – mi ha detto: ‘Senta, io avrei il piacere di poter ricorrere a Lei per chiederle pareri, consigli quando sento il bisogno’. Gli ho detto: ‘Guardi! va benissimo. Non faccio, non stacco parcelle, però sia chiara una roba: che se lei fa una cazzata, io le dico: caro amico, è una cazzata’”.

Il padre del Jobs act. De Benedetti rivendica anche di aver suggerito a Renzi una delle misure più contestate (talvolta anche da Repubblica), cioè il Jobs Act: “Io gli dicevo che lui doveva toccare, per primo, il problema lavoro e il job act è stato – qui lo dico senza… senza vanto, anche perché non mi date una medaglia, ma il job act gliel’ho… gliel’ho suggerito io all’epoca come una cosa che poteva, secondo me, essere utile e che poi, di fatto, lui poi è stato sempre molto grato perché è l’unica cosa che gli è stata poi riconosciuta”.

Boschi & C. De Benedetti non ha rapporti solo con Renzi: “Guardi io sono molto amico di Elena Boschi, ma non la incontro mai a Palazzo Chigi. Lei viene sovente a cena a casa nostra ma non… diciamo io, del governo vedo sovente la Boschi, Padoan. Anche lui viene a cena a casa mia e basta. Perché poi sa, quello lì si chiama governo, ma non è un governo, sono quattro persone, ecco”. E ovviamente c’è il governatore Ignazio Visco, “ho un buon rapporto con Visco da quando lui era all’Ocse per cui ci vediamo anche così per fare quattro chiacchiere… Visco non parla tanto volentieri dell’Italia; gli piace di più parlare del mondo, ecco”.